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Bernini disegnatore

Il Bernini fu un genio polivalente, scultore, architetto, pittore, creatore di apparati scenici per feste ed esequie, di macchine pirotecniche, di sceneggiature teatrali; ma alla base di tutto c’era una grande pratica del disegno, una capacità di accennare una scena o una figura con pochi tratti, un senso innato delle proporzioni e del movimento.
All’intenso rapporto tra il Bernini ed il disegno è dedicata una mostra che si tiene a Palazzo Barberini in collaborazione tra la Soprintendenza al Polo Museale Romano e il Museum der bildenden Kunste di Lipsia detentore di buona parte dei disegni esposti; il resto proviene da raccolte italiane ed estere.
Precedentemente erano in esposizione a Lipsia nella mostra “Bernini, Erfinder des barocken Rom”. I disegni sono giunti nella città tedesca nel 1713, acquistati a Roma dall’antiquario Renzi a cui, a sua volta, erano pervenuti da vendite degli eredi di Cristina di Svezia. Sono opere eseguite con tecniche diverse: a matita, a sanguigna, a penna, a volte sono schizzi sommari, a volte disegni rifiniti in ogni parte. In alcuni casi ci sono più versioni dello stesso soggetto che indicano le successive varianti delle intenzioni dell’artista o interventi della committenza.
Ci sono disegni per la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, per la statua di Santa Teresa in Santa Maria della Vittoria, per la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. Sono presenti anche disegni non collegabili ad alcuna opera nota, forse eseguiti solo per divertimento personale, studi di nudo di tipo accademico nonché ritratti e autoritratti. Questi appaiono nella prima delle sei sale in cui si articola la mostra che è aperta da uno splendido ritratto del Bernini anziano dipinto da Pietro da Cortona, seguono autoritratti dell’artista in varie età, ritratti di noti ed ignoti ed alcune gustose caricature.
Nelle sale seguenti sono esposti disegni relativi a cappelle, fontane ed obelischi, studi relativi alla Basilica di San Pietro, al colonnato e alla teoria di Santi che lo coronano, tutti disegnati dal Bernini che li fece scolpire dalla sua bottega.
Sono presenti alcuni disegni del Borromini relativi a sue proposte per i campanili della Basilica in sostituzione di quelli fatti costruire dal Bernini e demoliti, con sua grande vergogna, per motivi statici. L’ultima sala contiene schizzi preparatori per un reliquiario della Vera Croce che in originale è stato recentemente identificato nella Cattedrale di Osimo.
La visita alla mostra si rivela un interessante percorso in quella attività del Bernini che è alla base di tutta la sua molteplice e variegata opera successiva.

 

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IL LABORATORIO DEL GENIO
Bernini disegnatore
Dal 10 marzo al 24 maggio 2015

Roma
Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13

Sito web

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Una sicurezza negli schemi

In un periodo così complicato come quello nel quale stiamo vivendo, è rasserenante vedere delle composizioni geometriche, nelle loro svariate articolazioni, che costruiscono il senso dello spazio senza sviare l’attenzione.

Geometrie “secche” e “sfumate” proposte in una collettiva curata da Manuela Vannozzi con le opere puramente pittoriche di Bruno Aller, Salvatore Dominelli, Tancredi Fornasetti, Eliseo Sonnino e Uemon Ikeda.

Una mostra che offre un’occasione di confronto tra i differenti spazi pittorici concepiti con le geometrie come quelli di Bruno Aller, realizzati in una visione pittorica di forme che emergono dall’oscurità, lasciando alle curve il superamento della rigidità delle rette, mentre Salvatore Dominelli plasma la pittura in una poetica cromatica delle forme e delle sfumature, filtrando le geometrie attraverso una lente per alterarne la realtà.

Più rigide nella definizione di forme è Tancredi Fornasetti, con le sue immagini caleidoscopiche tratte da un glossario Futurista, utilizzato per “decorare” lo spazio pittorico, mentre Eliseo Sonnino gioca con le frammentazioni geometriche e Uemon Ikeda segue degli schemi proposti per una visione prospettica di spazi bidimensionali.

Differenti declinazioni di una visione geometrica della pittura che può, se l’osservatore vuole, far riflettere e perdersi con la fantasia in un mondo di forme più che di figure.

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GEOMETRIE ASTRAENTI
Dal 20 febbraio al 30 marzo 2015

Roma
Università eCampus
via Matera 18

Orario;
dal lunedì al venerdì
dalle ore 9.00 alle ore 20.00
il sabato dalle ore 9.00 alle ore 12.00
la domenica chiuso

Informazioni:
http://www.uniecampus.it/

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Riflettori sul Foro

Dopo gli incontri dedicati in gennaio all’assassinio di Giulio Cesare e al potere di Augusto e in febbraio al mito e alla realtà del Colosseo, il viaggio prosegue il 15 marzo con “Il Foro Romano: dalle origini alle invasioni barbariche” per una sintesi storico, topografica, e archeologica del cuore di Roma attraverso i tempi.
Intervengono Filippo Coarelli (archeologo e Professore emerito di Storia Romana e antichità greche e romane all’Università di Perugia) e Patrizia Fortini (funzionario archeologo della Sovrintendenza Statale responsabile Foro Romano), mentre Filippo Timi leggerà alcuni brani da Ab Urbe condita di Livio.

Ingresso libero fino ad esaurimento posti

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LUCE SULL’ARCHEOLOGIA
Il Foro Romano: dalle origini alle invasioni barbariche
Il 15 marzo 2015 alle 11.00 presso il Teatro Argentina

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I “fantasmi” di Marco Stefanucci

Marco Stefanucci pittore o pittoscultore come lui stesso ama definirsi, in effetti elabora una spazialità e una dimensione originale nella quale i suoi monocromi vibrano insofferenti della loro bidimensionalità in cerca di una resa plastica realizzata attraverso l’elaborazione di supporti cartacei o di tessuti che si distendono, si piegano, ondeggiano, con trasparenze misteriose su figure che ora si concretizzano ora si diluiscono nell’apparenza di una fisionomia, uno sguardo, che sa di affascinanti ectoplasmi. Sono figure che o sono esplicite rielaborazioni da dipinti antichi o apparenze, spesso ambigue e sfuggenti proprio come le evocazioni di un medium, assumendo attraverso gli strati materici e le colature bituminose sostanza e qualità di arcaici richiami, rimandi ad antiche memorie.
In effetti l’artista, con una raffinata e sperimentata tecnica di velature, sovrapposizioni, nella resa di uno sfumato di prestigiosa qualità, assomma e risolve una concentrazione espressiva che fa di un ritratto qualcosa di più di una semplice resa fisionomica.
E’ amore per una assenza, o meglio per una presenza sfuggente, indefinita, che ora ” buca” il buio della tela, ora scompare in un “notturno” atemporale.
Sì, è amore per chi non ha più voce ma con dolorosa e languente effusione riaffiora e cattura una nuova vita che ha pur del transitorio, del momentaneo. E’ questa la magia dell’artista, la magia della materia fatta carne e respiro, anzi spirito ed essenza di un “qui e adesso” eppure di un ieri, un tempo trascorso che nella necessaria indeterminatezza trova il “momento” che la fissa, sogno e sostanza del nostro immaginare.

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MARCO STEFANUCCI
Rubedo
Dal 20 febbraio al 7 marzo 2015

Roma
Galleria Lombardi
via di Monte Giordano, 40
Tel. 333.2307817 – 338.9430546

Orario:
dal martedì al sabato
dalle 11.00 alle 19.00
il venerdì dalle 11.00 alle 23.00

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Un artista tormentato

Un pittore inquieto, tormentato, anticonformista, un ottimo artista che operò per tutta la prima metà del ‘500, tale fu Lorenzo Lotto. Nacque a Venezia intorno al 1480 e sin dall’inizio della sua attività si ispirò all’allora massimo esponente della pittura veneta dell’epoca, Giovanni Bellini; nella sua opera non mancano influssi di Antonello da Messina e della pittura nordica di Albrecht Durer. All’inizio del XVI secolo fu a Roma dove dipinse per vari committenti ma non riuscì ad inserirsi nell’ambiente dominato da Raffaello e dai suoi allievi; dopo qualche anno si trasferì a Bergamo vivendo un periodo felice e dipingendo nella città e nei dintorni. Sempre irrequieto ed in contrasto con gli ambienti culturali in cui operava si spostò più volte nelle Marche e a Treviso e negli anni venti del ‘500 sostò a Venezia allora feudo di Tiziano e dei suoi collaboratori.
Dopo un lungo ed operoso soggiorno nelle Marche si rifugiò presso la Basilica della Santa Casa di Loreto, celebre edificio di culto situato su una collina e circondato da torri e bastioni per difesa contro possibili attacchi di pirati Turchi che spesso compivano incursioni e razzie nell’Adriatico. Fu costruito in forme imponenti negli ultimi decenni del ‘400 inglobando alcuni muri che secondo la tradizione apparterrebbero all’abitazione della Madonna portata in volo dagli angeli dalla Palestina per sottrarla all’invasione turca. Nel 1554 il Lotto entrò come oblato laico tra il clero della Basilica continuando a dipingere fino al momento della sua morte nel 1557.
La Basilica, sorta intorno alla Santa Casa, ebbe il suo aspetto definitivo tra il 1513 e il 1527 ad opera di Andrea Sansovino e di Antonio da Sangallo il Giovane, della seconda metà del ‘500 è il grande rivestimento scultoreo intorno agli antichi muri; la cupola fu dipinta dal Pomarancio, molto deperita a fine ‘800 i suoi resti furono staccati e sostituiti da affreschi di Cesare Maccari. Sugli altari e nelle cappelle opere d’arte di Signorelli, Melozzo da Forlì, Federico Zuccari, Barocci. All’esterno un ampio piazzale circondato dal grande Palazzo Apostolico porticato. Una parte dell’edificio ospita un Museo, costituito nel 1957, aperto al pubblico nel 1974 e ristrutturato nel 1997; ospita molte opere d’arte di gran pregio, pervenute da varie fonti, sculture, pitture, oreficerie, arredi sacri, in gran parte fortunosamente sopravvissute a furti e ruberie, specie napoleoniche a fine ‘700: tra loro quadri dipinti dal Lotto.
Nel 2011 presso le Scuderie del Quirinale si tenne una grande mostra monografica sull’artista ed ora, quasi a completamento, la Soprintendenza SPSAE e la Delegazione Pontificia della Santa Casa di Loreto hanno organizzato a Castel Sant’Angelo una esposizione avente come motivo trainante i dipinti dell’artista conservati presso la pinacoteca della Basilica.
In realtà le opere del Lotto sono dieci di cui la metà di altra provenienza ma contornate da quadri di grandi artisti, oreficerie e maioliche.
La mostra è articolata su quattro sezioni, la prima ospita i quadri del Lotto unicamente alla copia anastatica dell’ interessantissimo “Libro di spese diverse” in cui l’artista annotava le sue committenze; la seconda sezione ospita dipinti un tempo nella Basilica e poi sostituiti da copie musive, si notano opere di Perin del Vaga, Pomarancio, Guido Reni, Simon Vouet.
La terza sezione è relativa all’iconografia della Madonna di Loreto con dipinti antichi, tra cui un Annibale Carracci, e moderni che francamente appaiono incongrui; la quarta espone oreficerie ed alcuni vasi, piatti ed albarelli in maiolica, databili tra il XVI e XVIII secolo, provenienti dalla Spezieria della Basilica. Una piccola ma piacevole mostra che invita il visitatore a recarsi a Loreto per ammirare dal vivo quello scrigno d’arte che è la Basilica Lauretana.

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LORENZO LOTTO
e i tesori artistici di Loreto
Dal 2 febbraio al 3 maggio 2015

Roma
Castel Sant’Angelo

Orario:
tutti i giorni
dalle 9.00 alle 19.00
lunedì chiuso

Informazioni:
tel. 06/68193064

Sito web
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Filippo Bellini, Circoncisione Lorenzo Lotto, San Cristoforo e il Bambino Gesù e i santi