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Una sofferenza nell’allegria di vivere

“L’angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere.„ Con queste poche parole Frida Kahlo sintetizza la sua visione della vita, raffigurandola nella sua arte e nel suo impegno politico.

Un impegno verso la vita e l’umanità che l’artista messicana ha perseguito in meno di cinquant’anni di vita e che vengono ora ben rappresentato nella mostra e messo a confronto con l’opera dei suoi contemporanei.

Una mostra che non si limita a presentare la produzione artistica di Frida Kahlo nella sua evoluzione, dagli esordi ancora debitori della Nuova Oggettività e del Realismo magico alla riproposizione dell’arte folklorica e ancestrale, dai riflessi del realismo americano degli anni venti e trenta (Edward Hopper, Charles Sheeler, Georgia O’Keefe) alle componenti ideologico-politiche ispirate dal muralismo messicano (Rivera, Orozco), ma approfondisce il tema dell’autorappresentazione.

L’autoritratto prevale nell’esposizione sia in rispetto del peso numerico che per il significato assume nella produzione complessiva dell’artista, sia – e soprattutto – per lo specialissimo significato che esso ha rappresentato nella trasmissione dei valori iconografici, psicologici e culturali propri del “mito Frida”.

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Frida Kahlo
Dal 20 marzo al 31 agosto 2014

Roma
Scuderie del Quirinale

Orario:
domenica – giovedì dalle 10.00 alle 20.00
venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30
non si effettua chiusura settimanale
la biglietteria chiude un’ora prima

Ingresso:
intero € 12,00 ‐ ridotto € 9,50

Informazioni:
tel. 06/39967500
Sito web

Catalogo:
Electa

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Luce sull’Archeologia

Si tratta di un progetto nell’ambito del quale, da gennaio ad aprile 2015, il Teatro di Roma Capitale, in collaborazione con la Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, presenta al pubblico un ciclo dedicato allo straordinario patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale di Roma. un ciclo strutturato in sei appuntamenti a cadenza quindicinale di grande rilievo (11 e 25 gennaio, 8 febbraio, 15 e 29 marzo, 12 aprile, alle ore 11.00).
Il Teatro Argentina ospiterà conversazioni tra archeologi, storici e altre figure di spicco del mondo culturale romano e non solo, coadiuvati da immagini e letture di testi antichi. Tra i maggiori studiosi che hanno accolto l’invito citiamo Andrea Carandini, Luciano Canfora, Filippo Coarelli, Francesca Cenerini e Claudio Parisi Presicce.
Sei i grandi temi che faranno da filo conduttore della rassegna: apre il ciclo l’incontro dedicato alla morte di Cesare, spesso ubicata per errore nel Foro Romano. La verità e ben diversa, come racconta “Le Idi di Marzo a Largo Argentina: L’assassinio di Giulio Cesare nella Curia del Teatro di Pompeo”, uno dei luoghi più presenti nell’immaginario collettivo, ma poco conosciuto nella sua collocazione topografica e urbanistica.
Segue un incontro dedicato al genio del primo Imperatore: “Augusto: i luoghi del potere”, quale contributo alle celebrazioni per il bimillenario della sua morte.
Segue l’appuntamento dedicato ai teatri di Roma antica nella pianura del Campo Marzio e alla loro straordinaria bellezza: “I Teatri di Pompeo, Marcello, Balbo”. Il viaggio prosegue con l’incontro “Il Foro Romano: dalle origini alle invasioni barbariche”.
“Il Colosseo: mito e realtà” sarà il tema dell’appuntamento dedicato all’architettura per lo spettacolo più celebre al mondo, testimone di millenari eventi. Chiude l’incontro dedicato alle grandi donne di potere nella Roma tra il I sec. a. C. e il II sec. d.C.: “Le donne di potere nella Roma Imperiale”, un tributo di intelligenza, poesia e bellezza.

Il programma teatrale

 

 

Splendori funerari cinesi

Tra i Ministeri della Cultura dell’Italia e della Repubblica Popolare Cinese sin dal 2010 è intervenuto un accordo in base al quale i due Stati si scambiano spazi museali permanenti destinati a permettere contatti culturali e a favorire la maggior conoscenza fra i due popoli. Uno dei frutti di tale accordo è una mostra che si tiene a Palazzo Venezia con l’intrigante titolo Le leggendarie tombe di Mawangdui.

Il tutto inizia nella seconda metà del ‘900 nella città di Changsha, capoluogo della regione dello Hunan nella Cina meridionale; da secoli si tramandavano leggende che due collinette nascondessero tombe di antichi re ma li si collocava nel X secolo a.C. Finché nei primi anni ’70 nonostante gli sconquassi della Rivoluzione Culturale, tanto osannata dai “cinesi” nostrani, grazie anche all’interessamento dell’allora Primo Ministro Zhou Enlai si cominciarono ad effettuare sondaggi nella zona. Guidati dall’apparizione di “fuochi fatui” originati da sacche di gas gli archeologi iniziarono lo scavo sistematico delle due collinette giungendo ad identificare tre tombe situate in profondità e che risultarono appartenere a defunti sepolti durante il regno della dinastia degli Han che tennero il potere tra il 206 a.C. e il 220 d.C..

Si trattava di sepolture dotate di ricchissimi corredi funerari comprendenti circa 3000 reperti tra lacche, ceramiche, bronzi, giade, sete, il tutto ora contenuto nel Museo Provinciale dello Hunan, uno dei più importanti dell’intera Cina, recentemente oggetto di lavori di ampliamento. Dall’esame del materiale si è potuto procedere all’identificazione degli inumati: Li Cang Marchese di Dai grande dignitario della corte imperiale, uno dei suoi figli e la moglie Xin Zhui. Mentre le due tombe maschili forse erano state visitate da scavatori clandestini dato il minor numero di oggetti rinvenuti, quella della donna appariva intatta; il loculo situato in profondità era stato ricoperto da tonnellate di carbone vegetale sovrastato da uno strato di circa un metro di profondità di argilla bianca su cui era stata posta una notevole quantità di terra pressata; il tutto aveva isolato la tomba da agenti esterni contribuendo a conservare il contenuto.

Il corpo della Marchesa giaceva entro un quadruplo sarcofago laccato ed era contornato da un corredo di più di mille oggetti; non era decomposto ma ancora ben conservato immerso in un liquido di tipo acido che ne ha permesso la conservazione in quanto le analisi effettuate hanno escluso che possa aver subito alcun noto processo di mummificazione.

Una selezione degli oggetti trovati, per l’esattezza 76, è esposta nella mostra organizzata dalla Soprintendenza e da MondoMostre.

Si tratta di ciotole, brocche, piatti e bicchieri in lacca finemente dipinta, sigilli in giada, in rame, in oro che hanno permesso l’identificazione dei defunti, frammenti di stoffe in seta, uno splendido stendardo funerario in seta dipinta e numerosi capi di vestiario in stoffe preziose provenienti dal corredo funebre della Marchesa; curiosi alcuni manoscritti su stecche di bambù ed interessanti altri scritti su seta, tra i primi conosciuti in Cina, contenenti libri già noti da altre fonti; macabra la vista di semi di melone ritrovati durante l’autopsia nello stomaco e nell’intestino di Xin Zhui.

La visita alla mostra è un interessante viaggio nella vita di una classe sociale di altissimo rango contornata da una serie di oggetti di lusso di gran qualità; un confronto viene spontaneo con la contemporanea vita della classe dirigente romana tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero.

 

Mostre Tombe cinesi ridimensionaLE LEGGENDARIE TOMBE DI MAWANDUI
Arte e vita nella Cina del II secolo A.C.
Dal 3 luglio 2014 al 16 febbraio 2015

 

Roma
Palazzo Venezia

Orario:
da martedì a domenica ore 10/19

Ingresso:
euro 4 ridotto euro 2

Catalogo:
Edizioni Zhonghua BooK Company

Informazioni:

http://www.mondomostre.it

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Il naufragio di una speranza

 

È passato quasi un anno da quello che doveva essere il trionfo del buon senso nell’amministrare una città dalle ambizioni di metropoli e il Sindaco non ha ancora brillato per capacità uditiva sulle ragioni di buon governo, ma ha invece immediatamente deluso nel cambiamento per la gestione di un’oculata visione nell’impiego delle professionalità interne e non umiliarle con decine di consulenze esterne.

 

 

Una discontinuità sbandierata da Marino in contraddizione con le scelte organizzative del bene comune che doveva essere indirizzato al risparmio come politica monolitica della Giunta e non in ordine sparso per far felice pochi a discapito di molti.

 

 

Da una parte umilia i dipendenti dell’amministrazione capitolina con proposte di taglio degli stipendi, intaccando i salari accessori di una busta paga ferma da 5 anni, dall’altra foraggia i numerosi membri di staff e commissioni con conteggi magnanimi di ore di straordinario, si diletta con gli effetti speciali dell’augusteo Piero Angela e regala una “copertina” ad uno dei più tristi siti istituzionali presenti sulla Rete.

 

 

Saranno in pochi a poter “godere”, visto l’asticella posta così in basso, gli 80 euro di Renzi, probabilmente le fasce basse che hanno straordinari alloggi di servizio e casette in campagna per la vendemmia e la raccolta delle olive, certamente non gli insegnanti e le fasce medie del pubblico impiego.

 

 

Delude anche negli spettacolari annunci di pedonalizzazione di un’area centrale e caotica della città, ottenendo una minima riduzione del traffico per esaltare il patrimonio artistico, ma impoverendo di strumenti di valorizzazione i tecnici, trasformando la cultura in una pratica amministrativa.

 

 

La meta del 20% di traffico privato in meno sembra ben lontano dall’essere raggiunto se non nelle giornate di blocco dei veicoli più inquinanti.

 

 

I Fori Imperiali, da piazza Venezia al Colosseo, potranno godere della tanto agognata pedonalizzazione dal 18 aprile fino alle 19 del 4 maggio, grazie alla concomitanza di una serie di eventi: la Pasqua il 20, il Natale di Roma il 21, l’anniversario della Liberazione il 25 e soprattutto ai pellegrini che affluiranno nella città eterna per assistere alla canonizzazione di ben due Papi – Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II -, decisamente importanti per l’economia della nostra città, che punta al turismo religioso, culturale e congressuale”.

 

 

Implementare l’uso delle biciclette da parte del Sindaco di Roma è ammirevole, ma dovrebbe concentrarsi di più sul potenziamento del trasporto pubblico e della sua pulizia, sulle umiliazioni subite dagli ammalati parcheggiati su miseri lettini in attesa per giorni di essere ricoverati magari solo per degli accertamenti.

 

 

Non è certo la nuova ripavimentazione di una piazza come quella di Mastai che può definire l’impegno di un’amministrazione per la vivibilità, ma potrebbe essere un primo passo per continuare. Piazza Mastai vive una presenza marginale nella città, nonostante la sua collocazione centrale, come le persone che vi trovano rifugio dagli sguardi indiscreti dell’umanità di viale Trastevere. Passare da una pavimentazione a sanpietrini a una di lastroni che subito hanno espresso tutta la loro fragilità e instabilità, per poi optare per la recente pavimentazione mista è solo una dimostrazione della fragilità degli interventi in una città da vivere con più accoglienza. Un’accoglienza che a piazza san Cosimato non sembra conoscere da anni. Da quando si è scelto di intervenire con una colata di cemento che ha trasformato la piazza di un unico piano a una di vari livelli e superfici inclinate, con una pavimentazione in perenne manutenzione.

 

 

La stessa sorte è toccata a viale dei Colli Portuensi che già con le precedenti Amministrazioni doveva diventare un boulevard, ma la nuova pavimentazione, in sostituzione dell’asfalto sui marciapiedi con del lastricato, già mostra i sui limiti di una messa in opera frettolosa e distratta, offrendo la visione di un piano di calpestio sconnesso, senza portare alcun miglioramento nella viabilità.

 

 

Viale dei Colli Portuensi rimane intasato da parcheggi selvaggi in doppia fila, davanti ai passaggi pedonali e occludendo gli spazi riservati alla fruizione del trasporto pubblico.

 

 

Non serve spendere tanti euro se poi non vi è una manutenzione come dimostra l’abbandono in via dei Quattro Venti degli “angoli” di sosta per i pedoni, perennemente assediati da motorini e rifiuti.

 

 

Lo spettacolare assetto dell’area alle pendici dell’Aventino con la sistemazione del percorso pensile di Raffaele de Vico permette di ricollegare la sommità del Colle con il Lungotevere, ripercorrendo la storia di Roma antica, con le testimonianze delle mura Serviane, le fortificazioni medioevali e i resti dei mulini e dei magazzini lungo il Tevere, per scendere e salire dal Giardino degli Aranci e poi trovarsi in un’isola nel marasma del traffico.

 

 

Una mosca bianca rimane anche la fluida passerella che collega con un elegante salto sul Tevere la riva di viale Marconi con quella dell’Ostiense che aspetta le necessarie infrastrutture per un accesso diretto sulla via che oltre a collegare porta san Paolo con la Piramide alla basilica di san Paolo accoglie ilMuseo Montemartini, gli ex Mercati Generali in attesa del loro recupero e l’università Roma Tre.

 

 

Anche l’area di Porta Portese attende un vigoroso restyling, promesso da tempo, ma per ora si è liberata solo dagli orpelli murari la struttura del capannone dell’Autoparco del Corpo di Polizia Municipale dell’ex autoparcoper il suo recupero e rifunzionalizzazione in Centro culturale multifunzionale per essere gestito dal Rialto Sant’Ambrogio. Mentre nell’area dell’ex Arsenale pontificio sono timidamente iniziati i lavori di recupero del primo edificio a ridosso all’omonima porta, probabilmente destinato ad ospitare la donazione dell’archivio Zeffirelli.

 

 

Un recupero quello di Porta Portese che potrebbe avere un’immediata e visibile realizzazione con lo spostamento del fetido parcheggio dell’Ama e del poco decoroso chiosco bar addossati alle Mura.

 

 

Sembra che ogni Amministrazione viva nella cecità dell’ovvio come per esempio programmare un intervento senza prevedere gli interventi successivi o realizzare piccole operazioni con minimi impegni finanziari che migliorerebbero non solo la qualità della vita della cittadinanza, ma soprattutto migliorerebbe l’immagine di Roma ai turisti.

 

 

Non solo opere urbanistiche, ma anche di decoro per restituire a Roma quella dignità persa da tempo e offrire a chi vi abita e a chi vi soggiorna momentaneamente le informazioni utili per vivere anche culturalmente la città. Una miriade di realtà museali che vengono ignorate dai turisti e dagli stessi romani per una scarsa se non inesistente informazione sul patrimonio dei grandi come dei piccoli musei. Non basta classificare il museo secondo quello che espone, ma anche ciò che propone per una lettura delle opere nel contesto della città.

 

 

Non sempre impegnare considerevoli somme di euro garantisce la buona riuscita di un progetto, come ingaggiare consulenti esterni lautamente ricompensati per guidare strutture amministrative e tecniche assicurando una maggior efficienza del servizio.

 

 

Sindaco non tergiversi! Non disattenda le promesse fatte durante la campagna elettorale, risparmi sui compensi dei consulenti esterni e dia una definitiva strutturazione a quei servizi preposti alla conservazione e promozione del patrimonio capitolino.

 

 

Non è sufficiente bonificare l’area del mercato del Testaccio per essere convertito in spazio ricreativo attrezzato.

 

 

Paolo Conti, con il suo recente libro, viene in aiuto al sindaco con alcuni suggerimenti, 101 suggerimenti, per rendere la città da vivere e non da subire.

 

 

Mancano gli spazi per vivere, come dimostrano le oltre 60 occupazioni di ex fabbriche e residence, e ancor di più per la creatività, cosa che sembra superata a Milano con il Bando per gestire uno spazio a via Novara 75 come una Factory creativa. Un’iniziativa che cerca di colmare il vuoto legislativo nell’applicazione del Decreto Valore Cultura, nell’ambito delle grandi proposte per l’assegnazione a artisti di immobili pubblici inutilizzati. Un luogo dedicato alle varie arti visive, non solo pittura o scultura, ma musica, teatro, cinema, danza, moda, design.

 

 

Nove milanesi su dieci, il decimo è un leghista con un pensiero poco influente, appena arrivati a Roma esaltano il clima e il cielo azzurro, ma il giorno dopo inveiscono sul trasporto pubblico anarchico come anarchico è il parcheggio praticato. Per migliorare la città e la qualità della vita è anche necessario intervenire sul parcheggio che deturpa l’area del Gianicolo, pur esistendo un ampio e accogliente parcheggio sotterraneo realizzato per il Giubileo del 2000.

 

Lo storico Tomaso Montanari in un recente scritto ricordava che “Nel 1309 la costituzione di Siena diceva che il compito dei governanti è quello di proteggere «massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini». Negli stessi anni, Dante scriveva che accanto alla lingua delle parole, in Italia ce n’è un’altra: quella di Cimabue e Giotto. Oggi gli storici dell’arte hanno un disperato bisogno di riscoprire questa dimensione comune, civile, politica nel senso più alto di una disciplina che ha finito per identificarsi con il lusso, l’evasione leggera e il ‘tempo libero’”.

 

 

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Frangi / Recalcati: Uno psicostendardo

Giovanni Frangi, sponsorizzato dalla galleria romana di Enrico Lombardi, presenta per pochi giorni il suo impegnativo lavoro Mollate le vele – uno stendardo per Jonas al “bunker” dell’arte contemporanea MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo).

Una proposta di arte contemporanea in concomitanza del XII Seminario nazionale dell’associazione Jonas di Massimo Recalcati che evidenzia l’interesse che Jonas ha da sempre avuto per le arti figurative.

Un incontro per promulgare una psicoterapia a cifre sostenibili, forse intesa a portata di tutti in una società piena di traumi e problemi, ben diversa da molta arte contemporanea che si vuol “spacciare” senza rendersi comprensibile.

Il singolare interesse che Massimo Recalcati e Jonas hanno dimostrato per le arti figurative è descritto nel volume Il miracolo della forma. Per un estetica psicanalitica edito da Mondadori, con l’attenzione rivolta all’opera di Frangi.

Due ambiti d’indagine quella che Frangi e Recalcati perseguono nell’operare tra immagine e l’immaginario, dove il web viene in aiuto per riflettere sul lavoro dell’immagine come della scrittura senza dover respirare le emozioni dell’opera.

Concretizzando le loro affinità elettive con due esperienze apparentemente lontane, legate non solo dalla loro biografia, ma esaltate nel compendio del dialogo per interposti interventi.

L’installazione è un grande stendardo di tre metri per sei, realizzato per essere appeso, in questo caso tra le due colonne portanti della sala Corner, e una serie di volumi in gommapiuma, sparsi qua e là come delle rocce in riva al mare, a fare da cornice.

Da un lato lo “stendardo”, ispirato a una visione della campagna marchigiana, si presenta dipinto come un disegno su una tela di materasso, nero su bianco con aree azzurre, dei rattoppi che diventano parte dell’opera, dall’altro lato un’immagine simile tracciata in bianco su fondo nero.

Due opere unite in un recto e verso “di due situazioni legate all’ultima fase del mio lavoro in cui la linea del paesaggio si muove libera senza una centralità prospettica ma come acquisizione di una linea che scorre quasi senza interruzione creando il ritmo dell’immagine”, come specifica Recalcati.

Un’unica opera che sintetizza la filosofia di Frangi sulla doppia visione del mondo e del suo doppio significato.

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Giovanni Frangi

Mollate le vele – uno stendardo per Jonas

Dal 9 al 11 maggio 2014

Roma

MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo

Informazioni:

tel. +39 06 3210181

http://www.fondazionemaxxi.it

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