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Arsenico e… vecchi merletti

Fortunatamente l’arsenico manca ma i merletti a Palazzo Venezia sono di casa. Si tratta di una parte delle donazioni di oggetti d’arte che all’inizio degli anni Trenta del XX secolo fecero al Regno d’Italia i coniugi Wurts, americani, unitamente a Villa Sciarra sul Gianicolo che donarono a Mussolini che a sua volta la cedette al Governatorato, ora Comune, di Roma da utilizzare come parco pubblico.

La donazione avrebbe dovuto rimanere unita ma in realtà una parte ha avuto altre destinazioni mentre il resto è a Palazzo Venezia.

Le raccolte dei Wurts sono la dimostrazione del collezionismo onnivoro di fine ‘800: quadri, statue, vesti, armi, porcellane, avori, argenti, abiti antichi e infine merletti. Questi, per motivi di spazio e conservazione, non sono esposti ma su uno di essi, fiammingo del XVIII secolo, si è rivolto l’interesse della Soprintendenza che con il finanziamento della Fondazione Paola Drogotti, benemerita per i molti interventi conservativi sponsorizzati, sta curandone il restauro. Inoltre Soprintendenza e Fondazione hanno organizzato a Palazzo Venezia, nella bella Sala Altoviti, un ciclo di conferenze che si terranno a sabati alterni e che hanno per oggetto i merletti e il loro uso dal Rinascimento al Settecento; non si tratterà, come si potrebbe sbrigativamente pensare, di un “corso di ricamo” ma di una serie di interventi di studiosi qualificati che esamineranno la storia del merletto, il suo uso nella società, le diverse applicazioni nelle varie nazioni e presso le varie classi sociali.

Durante ogni conferenza verranno fornite notizie sullo stato di avanzamento del restauro del merletto sopra citato che verrà esibito al termine dell’ultimo incontro del 12 aprile prossimo.

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Le date e gli argomenti delle conferenze sono di seguito indicati nel programma.

1 febbraio, ore 11:00

Roberta Orsi Landini

Le vesti di Cosimo de’ Medici e di Eleonora da Toledo: nuove informazioni sul costume cinquecentesco dai documenti della Guardaroba medicea

15 febbraio, ore 11:00

Doretta Davanzo Poli, Olga Melasecchi

Il merletto nell’arte cerimoniale ebraica. Alcuni esemplari della Collezione tessile del Museo Ebraico di Roma

1 marzo, ore 11:00

Leon Lock

Il merletto veneziano scolpito alle corti d’Europa da Roma e Firenze a Parigi, Londra, Anversa e Copenhagen

15 marzo, ore 11:00

Antonella Pampalone

Merletti fra le carte

29 marzo, ore 11:00

Stefano Dominella

La seduzione dell’artigianato ovvero il bello e ben fatto italiano

12 aprile, ore 11:00

Thessy Schoenholzer

La rivincita del merletto a fuselli nel ‘700

Barbara De Dominicis

Un merletto di Bruxelles del Museo del Palazzo di Venezia: il restauro

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STORIE DI ABITI E MERLETTI

Incontri al museo sull’arte del pizzo

dal 18 gennaio al 12 aprile 2014

“basta un’occhiata allo specchio per credersi altri”

(I travestimenti, Eugenio Montale)

Roma

Museo Nazionale del Palazzo di Venezia

Sala Altoviti

via del Plebiscito, 118

Informazioni:

Tel. 06/69994388

Sito web

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Il primo Imperatore Romano

Il 23 settembre del 63 a.C. nacque a Roma, in una località nota come Capita Bubula, dove ora è l’Arco di Costantino, Gaio Ottavio figlio di Ottavio e di Azia, figlia di Giulia sorella di Cesare, e di Azio Balbo. A pochi anni il giovane perdette il padre, la madre si risposò e fu adottato dal celebre prozio divenendo Gaio Giulio Cesare Ottaviano. Dopo l’uccisione di Cesare si unì a due generali, Marco Antonio ed Emilio Lepido, costituendo nel 43 a. C. il Secondo Triumvirato che si scontrò con gli uccisori di Cesare, capitanati da Bruto e Cassio, sconfiggendoli nella battaglia di Filippi nel 42 a.C. I triumviri vincitori cominciarono a guardarsi con diffidenza cercando ognuno di guadagnare maggior potere; accantonato Lepido rimasero a fronteggiarsi Antonio ed Ottaviano. Il primo si recò in Oriente per organizzare le provincie da poco sottomesse ed in Egitto rivide Cleopatra che aveva conosciuto a Roma qualche anno prima quando la regina era l’amante di Cesare a cui aveva dato un figlio, Cesarione. La regina riuscì ad attrarre il generale che, sedotto dalla bellezza, dalle qualità intellettuali di Cleopatra e dal fascino dell’Egitto, dimenticò i suoi doveri, ripudiò la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, ignorò i figli e meditò, su influsso della regina, di farsi re dell’Oriente in concorrenza a Roma. Lo scaltro Ottaviano eccitò il nazionalismo dei Romani contro il traditore Antonio schiavo dei vezzi di Cleopatra, da cui aveva avuto tre figli, e della magia dell’Egitto. Si giunse alla guerra e il 2 settembre del 31 a.C. ad Azio, in Grecia, la flotta orientale fu sconfitta e l’esercito si sbandò, Antonio fuggì in Egitto e si suicidò ai piedi di Cleopatra che a sua volta si uccise per non essere esibita in catene nel trionfo del vincitore. Ottaviano tornò trionfatore a Roma divenendo padrone assoluto dello Stato ma con finta modestia e rispetto delle istituzioni rinunciò a tutte le cariche straordinarie che aveva rimettendo i suoi poteri al Senato e al Popolo Romano. Fu “regolarmente” eletto a vari incarichi, nel 27 a.C. ebbe l’imperium proconsulare maius, cioè il comando di tutte le truppe stanziate nelle provincie, nel 23 a.C. la tribunicia potestas, uno stato di inviolabilità concesso da secoli ai tribuni plebis, alla morte di Lepido divenne anche pontifex maximus cioè capo della religione di stato romana, infine il Senato gli attribuì il titolo di Augusto. Dove non giunse lui pose i suoi fidi tra cui spiccò Agrippa suo generale ed amico; a lui fece sposare la sua unica figlia Giulia preparando la successione per i suoi nipoti Gaio e Lucio figli della coppia. Ma dopo le gioie vennero i dolori: morì Agrippa, morirono i nipoti, con sospetti secondo alcuni storici verso Livia seconda moglie di Augusto, Giulia vedova dovette sposare Tiberio, figlio con Druso di prime nozze di Livia con Claudio Nerone.

Il matrimonio fallì e la troppo vivace Giulia fu esiliata a Ventotene, morì anche il prode Druso e l’unico rimasto vicino ad Augusto fu il non amato Tiberio che però alla fine fu adottato e destinato alla successione. Ottaviano Augusto si impegnò in campo amministrativo, riorganizzò le provincie, l’esercito, il fisco, fondendo in un’unica compagine statale una serie disomogenea di territori occupati dai Romani in varie epoche e a vario titolo. Non fu un guerriero ma fece condurre alcune campagne per occupare zone che si frapponevano fra le varie provincie quali settori alpini, luoghi remoti dell’ Hispania e dell’Asia Minore e del nord della Grecia. Andò male invece in Germania il tentativo di espansione fino al fiume Elba; nel 9 d.C. una grande colonna composta di tre legioni con bagagli e civili al seguito sotto la inetta guida del proconsole Varo si inoltrò in terreni boscosi e acquitrinosi; attaccati, i Romani non poterono disporsi in ordine di battaglia e furono coinvolti in una serie di imboscate che portarono alla distruzione delle legioni, alla perdita delle insegne, al suicidio di Varo. Solo l’intervento di rinforzi guidati da Tiberio permise di stabilizzare il confine sul Reno che li rimase per secoli. Più fortunata la politica di Augusto in Oriente dove riuscì a far pace con i Parti e farsi restituire le insegne delle legioni guidate da Crasso e sconfitte decenni prima. Il 19 agosto del 14 d.C. Augusto morì a Nola in una casa paterna e nella stessa stanza in cui era morto, tanti anni prima, il padre. Fu sepolto a Roma nel grande mausoleo tuttora esistente. La sua, per l’epoca, lunghissima vita fu la base della fortuna dell’Impero Romano e forse della successiva affermazione del Cristianesimo.

Gli oltre quaranta anni di dominio assoluto, sia pure mantenendo formalmente in vita le magistrature repubblicane, consentirono il consolidamento di una nuova idea di stato centralizzato e moderno gettando le basi per un sistema che tra alti e bassi durò mezzo millennio e permise il successivo sviluppo della attuale società occidentale. Una precoce morte di Augusto avrebbe probabilmente scatenato nuove guerre civili con esiti imprevedibili. Fu inoltre un consumato manipolatore di quelli che allora erano i mezzi di informazione riuscendo ad apparire, per mezzo di letterati e artisti a lui legati, il miglior “padre della patria” possibile.

Nel 1937 il Regime Fascista celebrò con fastose cerimonie il bimillenario della nascita di Augusto e fu aperta una grandiosa mostra, spettacolare ma di grande spessore scientifico, con il contributo di musei e di istituzioni di tutto il mondo. Quest’anno in prossimità del bimillenario della morte del primo Imperatore le Scuderie del Quirinale hanno organizzato una mostra forse più ridotta ma di altrettanto valore scientifico. Sono presenti circa 200 opere provenienti da musei italiani e stranieri e, attraverso esse, si può ricostruire l’età d’oro del principatus di Augusto; di lui sono esposte numerose statue e, accanto ad alcune già note, quali l’Augusto di Prima Porta e quello in veste di Pontifex Maximus, appaiono una parte di statua equestre in bronzo recuperata nel Mar Egeo ed un busto in bronzo di fattura egizia. In occasione della mostra sono stati riuniti i Rilievi Grimani sparsi per più musei ed il gruppo dei Niobidi già proveniente dagli Horti Sallustiani. Fanno bella mostra gli oggetti preziosi come gli Argenti di Boscoreale e diversi raffinati cammei attualmente presso musei di Londra, Vienna e New York.

Chiude l’esposizione una ricostruzione con undici pannelli marmorei, ora divisi tra Spagna ed Ungheria, già appartenenti ad un monumento eretto in onore di Augusto in Campania e celebrante la battaglia di Azio che segnò il trionfo ed il culmine della sua lunga lotta per il potere. Per una singolare coincidenza a poche centinaia di metri dalle Scuderie del Quirinale si tiene, presso il Chiostro del Bramante, una mostra sulla grande nemica di Augusto, Cleopatra.

È un’ottima occasione per rivisitare un importante periodo storico considerandolo dai diversi punti di vista dei due avversari. E’ una mostra splendida, degna del primo imperatore, con un piccolo neo; le didascalie al piano terreno sono malamente leggibili in quanto illuminate da luce diretta, il visitatore per leggerle si interpone e con la sua ombra oscura la scritta.

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Mostre augusto_scuderie_thumbAUGUSTO

Dal 18 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014

Roma

Scuderie del Quirinale

via XXIV Maggio 16

Orario:

da domenica a giovedì

dalle 10.00 alle 20.00

venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Catalogo:

Electa

Informazioni:

tel. 06/39967500

http://www.scuderiequirinale.it

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Un Gusto davvero particolare

La mostra che sono andato a vedere, è particolare perché particolare è il posto nella quale è stata allestita. Mi riferisco a quel gioiellino romano del Museo Praz. In questo luogo, nelle cui sale sono raccolte oltre mille opere, tra sculture, dipinti, arredi e oggettistica varia, vengono esposte una selezione di arredi e di dipinti raccolti da Alessandro Marabottini (1926 – 2012) nel corso della sua vita, spesso acquistati presso gli stessi antiquari che era solito frequentare con l’amico Praz (1896 – 1982).

Vedute e paesaggi, ritratti d’interni e di personaggi, miniature riportate anche nelle pagine del catalogo.

Questa mostra è stata possibile grazie alla disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, affidataria della proprietà, della gestione e della valorizzazione da parte dello stesso Marabottini attraverso lascito testamentario. Il catalogo della De Luca editori Gusto Romantico rende bene quello che si andrà a vedere o quello che si è appena visto non solo attraverso l’impianto iconografico, ma anche attraverso gli scritti riportando quel ‘gusto’ e la visione estetica che accompagnarono Praz e Marabottini nel loro lavoro di storici dell’arte e della cultura.

L’intelligente titolo della mostra Gusto romantico dato dalla responsabile del Museo Praz nonché curatrice dell’esposizione, Patrizia Rosazza Ferraris, fa da contraltare a quel Gusto Neoclassico di praziana memoria.

La collezione del Marabottini, accumulata negli anni, fece parte del palazzetto di famiglia a Firenze. Una collezione che emanava un’aura e un clima di natura romantica. In realtà la collezione va da opere del Duecento fino al secolo scorso.

Le scelte della Rosazza Ferraris si attestano soprattutto in quelle opere databili nell’ambito del XIX secolo. L’intera collezione comprende, infatti, poco più di novecento dipinti che dall’appartamento romano all’Aventino, il Marabottini aveva trasferito nelle sale al piano nobile del palazzetto di famiglia in Firenze. È interessante leggere, nel catalogo la storia, ad opera di Caterina Zappia, di come questa collezione si sia andata formando.

Il Marabottini soleva spesso dire: “Compro la pittura non i nomi o le storie”. Nel catalogo c’è anche il dotto intervento di Tomaso Montanari, con riferimenti a Leon Battista Alberti, Lanfranco, Pietro da Cortona, Claude Lorrain.

In mostra vengono esposte alcune miniature in avorio, bisquit, alcuni paesaggi e interni di studio dell’artista come quello di Anonimo francese Interno di studio con modello e pittore al cavalletto, o anche Interno di un grande atelier con due pittori al cavalletto.

Una mostra che consiglio, anche per chi non conosce il Museo Praz, museo da vedere assolutamente.

Romantica visione.

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06 Mostre Gusto Romantico Anonimo Artista Francese GUSTO ROMANTICO

Opere del XIX secolo dalla Collezione di Alessandro Marabottini

Dal 23 novembre al 21 aprile 2014

Roma

Museo Mario Praz

via Zanardelli, 1

Curatore: Patrizia Rosazza – Ferraris

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle 9.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 19.30

lunedì chiuso

Ingresso:

libero

Informazioni:

tel. 06/6861089

Sito web

http://www.museopraz.beniculturali.it

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 06 Mostre Gusto Romantico Catalogo G.Romantico

Un caraveggesco veneto

Con questa convenzionale denominazione è chiamato un valente pittore dei primi due decenni del ‘600 che probabilmente avrebbe raggiunto i massimi vertici della sua arte se non fosse morto in ancor giovane età: Carlo Saraceni.

A lui è dedicata una mostra che si tiene a Palazzo Venezia e che ripercorre la sua vita attraverso l’esame delle sue opere, si tratta della prima monografica sinora dedicata all’artista ed esamina la sua evoluzione stilistica; viene anche descritto il mondo culturale ed artistico del primo ‘600 diviso tra le due tendenze del naturalismo caravaggesco e del classicismo carraccesco.

Il Saraceni nacque a Venezia intorno al 1579 e si sa che si trasferì a Roma nel 1598 lavorando con Camillo Mariani e poi con Adam Esheimer, un ottimo pittore tedesco specializzato in paesaggi, soprattutto notturni, mediatore tra gli stili di Caravaggio, Domenichino e Annibale Carracci.

A Roma il Saraceni si affermò subito ricevendo prestigiose committenze pubbliche e private, dipinse piccoli e raffinati rami e grandi pale d ‘altare. A Trastevere, nella Chiesa di Santa Maria della Scala, fornì la grande tela rappresentante il “Transito della Vergine” in sostituzione dell’analogo quadro del Caravaggio rifiutato dai committenti per il troppo crudo verismo. Tra il 1616 e il 1617 lavorò alla decorazione della Sala Regia del Quirinale, sue opere sono nelle chiese di Santa Maria dell’Anima e di San Lorenzo in Lucina; una grande tela con il “Martirio di Sant’Agapito” si trova da secoli nel Duomo di Palestrina. Tornato a Venezia gli fu commissionato un telero per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale ma nel 1620 morì improvvisamente e l’opera fu terminata dal suo socio e allievo Leclerc. Fu un artista sensibile alla lezione caravaggesca ma interpretata in maniera personale, il realismo è attenuato dal gusto per un maggior intimismo e da un tipo di colore e luce di chiara origine veneta, è un caravaggismo reso con  differente tonalità e addolcimento del verismo.

La mostra è stata ideata dalla precedente Soprintendente Rossella Vodret e curata da Maria Giulia Aurigemma con il coordinamento di Civita ed espone numerose opere del Saraceni, alcune inedite ed altre recentemente restaurate, fornendo una esauriente carrellata sulla vita e le opere del pittore veneziano partendo dagli esordi legati al naturalismo nordico fino a giungere al caravaggismo rivisitato.

Le opere esposte, suddivise in varie sale, sono oltre sessanta e provengono da chiese, musei e collezioni italiane ed estere, tra loro spiccano un piccolo quadro in rame (39 x 54) di soggetto erotico-mitologico rappresentante gli amori di Venere e Marte, proveniente da Madrid, una Giuditta, in collezione privata, esposta per la prima volta e rifacentesi ad analogo dipinto del Lotto ed un Diluvio Universale recentemente identificato come opera dell’artista e ritrovato in un convento di clausura dei dintorni di Sorrento, in origine in collezione Orsini. Una sala raccoglie dipinti di scolari e imitatori ed alcuni dipinti da attribuire dubitativamente al Saraceni o ad un altro misterioso ed ignoto artista noto come “pensionante del Saraceni”. Un accurato catalogo ed una guida breve contribuiscono ad una completa comprensione dell’arte del pittore veneziano.

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06 Mostre Roma SaraceniCARLO SARACENI

Un veneziano tra Roma e l’Europa

Dal 29 novembre 2013 al 2 marzo 2014

Roma

Museo Nazionale – Palazzo di Venezia

via del Plebiscito

Ingresso:

10.00 euro

Orario:

dalle 9.00 alle 19.00

chiuso il lunedì

Informazioni:

06/699941 – 32810

Sito web: http://museopalazzovenezia.beniculturali.it/

Catalogo

De Luca

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Come si mangiava

Si è inaugurata la coloratissima mostra dedicata all’immaginario culinario nella pubblicità di un’Italia a tavola, attraverso la creatività degli illustratori, dei grafici, dei pubblicitari che inventando linguaggi, seppero suscitare emozioni. Queste emozioni, per chi ha superato la cinquantina, non possono essere altro che emozioni forti.

Il ricordo, infatti, della propria adolescenza e successiva crescita non può far altro che suscitare una ‘certa’ nostalgia. Ecco il ricordo, la memoria tanto cara a tutti noi. Attraverso le coloratissime immagini pubblicitarie ci si ricorda di un’Italia (pregherei chi mi legge di omettere la retorica, d’ora in avanti, infatti, nominerò concetti e/o frasi di un tempo che oggi non esistono più) che, rialzatasi con ancora qualche ferita post bellica, sperava e credeva nel futuro. Di questa stessa speranza oggi ha bisogno il nostro Paese. Ma per ritornare alla mostra che è per tutti anche per chi ha meno di cinquant’anni, utilizzerò le sapienti parole dell’ideatore e del curatore Marco Panella che insieme alla Coca Cola, al Gruppo Cremonini e a Montana ha confezionato un’esposizione di tutto rispetto. Vengono così raccontati venti anni di vita e costume italiani attraverso non solo l’iconografia, ma anche attraverso stili e linguaggi, di quella pubblicità del cibo che è entrata nell’animo di tutti noi.

Le immagini che sono raccolte nella mostra vengono suddivise in dodici temi: dall’Italia che cambia il paesaggio domestico all’Italia del tempo libero, all’Italia degli intenditori, a quella che sogna con i concorsi a premio, fino a quella che scopre il risparmio e le offerte speciali. Memoria, quindi e linguaggio estetico delle inserzioni pubblicitarie pubblicate sui rotocalchi, o nello scenario della nascente televisione (1954) e dell’ideazione del Carosello (1957) idea tutta italiana. Ma i due media non si sostituiranno mai, anzi si affiancheranno alimentando contenuti l’uno con l’altro. Il catalogo raccoglie non solo tantissime immagini delle pubblicità, ma è ricco anche per quella parte testuale colma di riferimenti statistici sulla popolazione, culturali e pubblicitari. Questa pubblicità alimentare vide all’opera grandi firme di artisti e illustratori. Si veda Boccasile o Savignac, Cassandre o Mauzan. E poi ancora Marcello Dudovich, Marcello Nizzoli e Erberto Carboni. E ancora Armando Testa e Jacovitti. Nella televisione firme autorevoli come Luigi Magni, Sergio Leone, Pupi Avati, Pier Paolo Pasolini, Ugo Gregoretti, Federico Fellini. Non ultimo la presenza di testimonial come quello di Edy Campagnoli, Peppino De Filippo, Sandra Mondaini, Ugo Tognazzi , Delia Scala e tanti altri.

Marco Panella chiude così l’introduzione: Il tempo della multimedialità e della crossmedialità è ancora lontano.

E io, nell’essere d’accordo su quanto affermato, aggiungo pure per fortuna.

Visione ricca di sentimenti per voi.

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Cibo immaginario copertina catalogoIL CIBO IMMANARIO: 1950/1970

Pubblicità e immagini dell’Italia a Tavola

Dal 3 dicembre 2013 al 6 gennaio 2014

Roma

Palazzo delle Esposizioni

via Nazionale, 194

Orario:

martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 – 20.00

venerdì, sabato: 10.00 – 22.30

domenica: 10.00 – 20.00

L’ingresso è consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura

Lunedì chiuso

Ingresso:

intero € 7,50 ridotto € 6,00

Informazioni:

tel. 06/39967500

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