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In hoc signo vinces

Questa frase non si sa se sia stata pronunciata, come, dove e quando anche se a tutti è nota la leggenda riferita da Eusebio da Cesarea, è rimasta appiccicata a Costantino da 1.700 anni e ha fatto assumere alla figura dell’imperatore caratteristiche particolari; santo per la Chiesa Ortodossa, quasi santo per quella Cattolica, fu in realtà una personalità controversa. Pio e devoto, costruttore di grandi chiese, amico di papi e vescovi, cooperò all’organizzazione della Chiesa indicendo il Concilio di Nicea, nel 325 d.C., che ne tracciò i tratti essenziali, nello stesso tempo fu un autocrate durissimo, spietato con i nemici esterni e gli avversari interni, fece giustiziare per accusa di adulterio il figlio di prime nozze Crispo e la seconda moglie Fausta, fu un vincitore poco cavalleresco di Massenzio la cui testa fu spedita in giro per l’impero, ne spostò la capitale da Roma a Costantinopoli, città da lui fondata, riempì l’esercito di ausiliari barbari, divise infine l’impero tra i suoi figli come fosse una proprietà privata e non uno stato. Flavio Valerio Costantino nacque forse nel 274 d.C. nella fortezza legionaria di Naissus, nell’odierna Serbia, figlio di Flavio Valerio Costanzo detto Cloro, il pallido, alto comandante imperiale e di Elena definita dalla fonti “stabularia” cioè proprietaria di una locanda con cambio cavalli oppure lavorante in essa; il nome Flavio era una autonobilitazione in quanto padre e figlio ci tenevano a farsi riconoscere quali discendenti della famiglia Flavia che aveva gestito l’impero nella seconda metà del I° secolo d.C. Il giovane militò nell’esercito pervenendo a gradi elevati e all’inizio del IV secolo raggiunse il padre che governava la Gallia e la Britannia con il titolo di Cesare.

Alcuni anni prima l’imperatore Diocleziano per dare una maggiore efficienza all’impero lo suddivise in quattro parti, due affidate ad imperatori di prima classe, gli Augusti Diocleziano e Massimiano, e due di seconda classe, i Cesari Costanzo e Galerio; il sistema prevedeva che in caso di morte o di abdicazione degli Augusti subentrassero i Cesari che a loro volta sceglievano i successori ma con il ritiro volontario di Diocleziano e quello forzato di Massimiano si scatenarono altri pretendenti: Flavio Severo, Massimino Daia, Massenzio e Costantino con una serie di guerre, tregue, alleanze, accordi matrimoniali. Costantino, alla morte del padre, fu acclamato imperatore dalle sue truppe, scese in Italia, proclamò a Milano il famoso sopravvalutato Editto del 313 con cui il Cristianesimo veniva riconosciuto come “religio licita”, sconfisse Massenzio a Ponte Milvio ed entrò vincitore a Roma; nel 324 rimase unico imperatore sino al 337 quando morì a Nicomedia.

Dal punto di vista di vista politico, militare ed amministrativo fu un grande imperatore, riunificò e riorganizzò l’impero, sconfisse i barbari, previde una riforma della monetazione basata sui solidus d’oro e sulla siliqua d’argento, fondò la sua nuova capitale in una città greca sulle rive dell’Elllesponto, chiamata Bisanzio, che assunse il nome di Costantinopoli, abbellendola con sontuose chiese ed imponenti edifici pubblici. Fu in ottimi rapporti con la Chiesa e da ciò forse nacque la leggenda della visione della Croce prima della battaglia di Ponte Milvio e della voce ultraterrena che avrebbe detto “ in hoc signo vinces”. Anche per influenza della sua devotissima madre Elena fece costruire a Roma le grandi Basiliche di San Pietro sulla tomba dell’Apostolo, di San Paolo anch’essa sul sepolcro del Santo e la Basilica del Laterano sede del Vescovo di Roma. La madre Elena invece fondò la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme utilizzando parte del Palazzo imperiale Sessorium vicino a Porta Maggiore; in tutti i casi furono costruzioni site in zone periferiche per non urtare la suscettibilità della popolazione pagana e dei senatori in gran parte tradizionalisti. Si dice che si facesse battezzare solo in punto di morte ma si fece seppellire a Costantinopoli nella Chiesa dei Santi Apostoli da lui fondata e contenente i cenotafi dei 12 Apostoli che circondavano il sepolcro dell’imperatore che amava essere considerato il “tredicesimo Apostolo”.

Quest’anno ricorre il diciassettesimo centenario dell’editto di Milano e della battaglia di Ponte Milvio e la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha accolto al Colosseo una mostra su Costantino che si è tenuta a Milano, al Palazzo Reale, con grande successo di visitatori e di critica. Si tratta di 160 reperti provenienti da diversi musei e che costituiscono un affascinante percorso storico-archeologico tra la fine del III° e la metà del IV° secolo d.C..

Accolgono il visitatore molti busti in marmo, maschili e femminili, riproducenti le fattezze di personaggi legati alle varie famiglie imperiali; tra loro spicca il calco di una gigantesca testa bronzea dell’imperatore ed una mano con un globo, attualmente ai Musei Capitolini, facenti parte di una colossale statua. Seguono sezioni che esaminano la religiosità nel Tardo Impero con lo sviluppo delle religioni orientali, vengono esposte immagini di Mitra, Serapide, Iside.

Molto interessante una vetrina contenente il corredo funebre con monili d’oro e pietre preziose di una donna sepolta nella Basilica di Papa Marco costruita sull’Appia nel 330 e rinvenuto in scavi della scorsa estate. Si passa poi ad esaminare il famoso Editto di Milano in realtà una lettera inviata da Costantino e Licinio, allora alleati, in cui si accorda la libertà di culto ai cristiani e a coloro che vogliono “seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e ai nostri sudditi dia pace e prosperità”.

Queste frasi sono considerate un grande segno di tolleranza e rispetto ma forse Costantino voleva solo attirarsi l’aiuto dei Cristiani sempre più influenti. Del resto a fine secolo l’imperatore Teodosio dichiarò la religione cristiana quale religione di stato vietando i culti pagani. Una sezione si interessa del “crismon” ossia il simbolo costituito dalle lettere greche XP iniziali della parola Cristos e che Costantino volle sui vessilli delle sue truppe, in più sono esposti numerosi anelli di vario materiale con il monogramma nel castone. Testimone delle guerre dell’epoca è un tesoretto ritrovato nei resti di una locanda contenente fra l’altro una cinquantina di monete, le più recenti datate al 313 d.C..

Una sezione illustra il palazzo imperiale del Sessorium abitato da Elena, unica della famiglia residente a Roma e dimora che Costantino non prediligeva, oltre alla sua tomba, tutt’ora esistente a Torpignattara, mentre il sarcofago in porfido si conserva ai Musei Vaticani insieme a quello, analogo, di Costanza figlia dell’imperatore. Sarcofago che proviene dalla sua tomba sita nel complesso si Sant’Agnese a via Nomentana comprendente anche i resti di una imponente basilica fatta costruire dalla famiglia imperiale.

Conclude la mostra un’animazione in computer grafica che permette di esaminare da vicino la decorazione dell’Arco di Costantino fatto erigere in suo onore dal Senato utilizzando per buona parte decorazioni marmoree prelevate da monumenti del II° secolo.

I cataloghi, editi da Electa, sono due, il primo illustra la mostra di Milano, il secondo i reperti esposti a Roma; ambedue contengono saggi di illustri studiosi. L’esposizione è stata sponsorizzata da Credito Valtellinese e Intesa San Paolo, da Fondazione Bracco e Poste Italiane.

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Costantino Roma Colosseo Costantino amenormal_Opera_n_225B_-_BelgradoCOSTANTINO 313 d.C.

Roma

Colosseo

Dal 11 aprile al 15 settembre 2013

 Orario:

da lunedì a domenica

ore 8.30 /19.15 fino al 31 agosto

8.30 / 19.00 fino al 15 settembre

 http://www.mostracostantino.it/index.html

http://www.mostracostantino.it/

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Artiste in cerca di luoghi

I concetti di esodo, nomadismo, esilio, diaspora coinvolge le ultime generazioni, spinte dalla crisi economica e culturale a cercare di realizzare il proprio futuro all’estero.

L’artista non è esentato da questa condizione esistenziale e ancor di più, come in ogni ambito, se è una artista che storicamente è legato a una condizione di vita nomade. Vuoi l’ispirazione o la committenza, ma è spesso dal sistema espositivo che possa offrire maggiori prospettive che egli è condizionato per far conoscere il proprio lavoro.

Le istituzioni culturali possono essere solo una provvisoria soluzione di accoglienza, un primo passo per proporre la propria opera, ma poi gli artisti italiani dovranno fare affidamento solo sulle proprie forze. Borse di studio o stage sono solo un’occasione, le opportunità sono solo sulle spalle dell’artista migrante che potrebbe trovarsi nella condizione di un richiedente asilo politico.

Un frammento di questo panorama, rappresentato da cinque artiste (Sara Basta, Elena Bellantoni, Laura Cionci, Mariana Ferratto, Dunia Mauro) nate fra il 1975 e il 1980, viene racchiuso nel titolo biblico e nell’evoluzione che questo “esodo” ha collaborato al vissuto artistico delle singole nella loro formazione.

Ciascuna esperienza di vita all’estero passa attraverso un lento processo di metabolizzazione da una cultura altra, cui si accompagna una condizione di spaesamento culturale e linguistico, ma anche di spaesamento ambientale e spaziale (le relazioni e i confini con l’altro-da-sé vengono continuamente rinegoziati e ridefiniti).

Qualsiasi forma di esodo include prima o poi il trauma del ritorno a una condizione che non corrisponde mai a quella di partenza. Come un moderno Ulisse, l’artista segue l’istinto verso il Centro internazionale d’arte contemporanea, viaggio che per ciò che è lontano finché il desiderio e il bisogno di tornare non lo portano a fare i conti con la propria condizione originaria e con le disparità culturali, sociali, economiche.

Ognuna delle artiste ha scelto un lavoro che interpreta il tema dell’esodo in chiave di confronto, identità, viaggio, famiglia.

La mostra è curata da Emanuela Termine.

 

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Mostre Roma Sala 1 Exodus Dunia Mauro, Noah's Ark, 2010_lowRoma

Sala 1

piazza di Porta S. Giovanni, 10

EXODUS

Dal 12 marzo al 13 aprile 2013

Tel. 06/7008691

http://www.salauno.com

dal martedì al sabato – dalle 16.30 alle 19.30

 

 

 

Un dizionario tutto da scoprire

Nel rione del Celio c’era l’Asino fritto (faceta insegna d’osteria); nel rione di Trastevere (invece) c’era il vicolo baciadonne; nel rione Trevi risultava esserci uno spazio denominato Campo scellerato. Invece nel quartiere Appio Latino c’è via dei Cessati spiriti, mentre nella zona dell’Agro romano è ancora lì via di Femminamorta e via del Fico una volta era al femminile.
Avrete, in parte, capito di cosa stia parlando. Sto parlando di uno splendido volume dal titolo: “Dizionario delle strade curiose di Roma ovvero toponimi strani, difficili, incompleti, ripetuti, sbagliati di ieri e di oggi”. L’autore è quel tal Willy Pocino, giornalista e fondatore della rivista mensile “Lazio ieri e oggi” e poi tanto altro.
Ma l’interesse per questo testo, oltre alla scontata curiosità di come si chiamassero alcune vie o piazze di Roma o l’origine di come si chiamino ora è che Willy Pocino non va tanto per il sottile, non si crea problemi, e a ragione, di tirar le orecchie al competente ufficio capitolino, per richiamare gli addetti a sciogliere quei dubbi e quegli errori trovati. Così a pagina 133 risulta esserci vicolo della Frusta nel rione Trastevere, dove l’autore spiega che il toponimo deriva da un’insegna di locanda frequentata da carrettieri; andando avanti si trova via Leccosa nel rione Campo Marzio per arrivare nella zona di Lunghezza e trovare via Meglio di niente che ha cambiato nome nel 2011. A pagina 186 troviamo vicolo di Montecacato nel rione Borgo e poi circa novanta pagine dopo si trova piazza della Sedia del Diavolo per arrivare a pagina 290 e trovare via Tiradiavoli nel quartiere Aurelio e nel quartiere Trionfale invece c’è la località Valle dell’Inferno.
Mi sono divertito nell’andare a cercare le vie o le piazze dal nome fuori dal comune. Tutti i nomi sono accompagnati da un esaustivo commento pieno di informazioni circa l’origine del nome o giù di lì e il perché si chiamasse in quella maniera.
Lavoro veramente approfondito perché il Pocino ha corredato ogni via di una esauriente bibliografia. Un volume utile per chi è di Roma o vive a Roma ma non solo, infatti il libro è un concentrato di curiosità della Capitale d’Italia e può essere utile anche a chi viene a visitare la Città eterna.

Prelibata lettura a tutti.

Libro Volume di Pocino CopertinaTitolo: Dizionario delle strade curiose di Roma.
Toponimi strani, difficili, incompleti, ripetuti, sbagliati di ieri e di oggi
Autore: Willy Pocino
Editore: Edilazio
Data di Pubblicazione: 2012
ISBN: 8898135092
ISBN-13: 9788898135097
Pagine: 360
Prezzo: € 22.00

Lo sguardo del prossimo Sindaco

Il Sindaco che verrà dovrà affrontare l’organizzazione e il dislocamento dei numerosi uffici e servizi per una migliore fruizione da parte del cittadino e nell’ambito della culturale è quello più spinoso con la miriade di offerte che propone.

Con aprile arriva per il PD il momento di scegliere il suo candidato per la poltrona di Sindaco di Roma. Non un Sindaco qualsiasi, il primo cittadino che deve dare l’esempio a milioni di abitanti di una città ricca di storia e sonnolenta.

Oltre al PD anche altre formazioni proporranno il loro candidato, ma la discriminante tra l’uno e l’altro non è solo la presentabilità e la competenza della persona, oltre che della sua onestà, ma soprattutto nella sua capacità di scegliere il suo entourage e il tenere ben presente che Roma deve far convivere la tutela del patrimonio culturale senza demonizzarlo come si è fatto da anni. Una ricchezza culturale che non dovrà essere un ostacolo a rendere la città vivibile per tutti e non una situazione fastidiosa come se fosse della rogna.

La fretta con la quale si muovono i sindaci per avere dei risultati da vantarsi è superiore solo all’incompetenza che spesso hanno i loro lacchè, raccattati anche tra gli scarti delle precedenti gestioni ed ecco le conseguenze di un restauro approssimativo o di un’infrastruttura utile che si trasforma in una trappola per il cittadino.

La politica e l’imprenditoria devono collaborare, per il bene di Roma, e ogni volta i candidati si propongono di scardinare le clientele, ma sino ad ora hanno dimostrato di non essere maturi per tale cooperazione per la soggezione di una parte nei riguardi dell’altra.

La lobby nel senso più deteriore è quella degli immobiliaristi che un tempo venivano definiti in tutto il loro splendore i palazzinari. I muratori e gli operai non necessariamente devono essere impegnati a erigere muri e colare cemento, potrebbero esprimere il loro meglio anche nel recupero e la conservazione del patrimonio artistico. Un’attività che aprirebbe per l’Italia un futuro di cooperazione tra ambientalisti e imprese edilizie. Centinaia di migliaia sono gli alloggi rimasti invenduti o sfitti, ma sono tanti i monumenti che potrebbero essere recuperati per essere fonti di reddito e non svenduti.

Sarebbe utile per il futuro delle città italiane la nascita di una lobby di archeologi, storici dell’arte, bibliotecari, restauratori, archivisti e conservatori che facilmente troverebbero un appoggio considerevole nella società civile.

Tra le letture da consigliare al prossimo Sindaco c’è il libro di Salvatore Settis Paesaggio, costituzione, cemento (Einaudi), per comprendere l’importanza di intraprendere la battaglia per l’ambiente contro il degrado civile.

Sarebbe una grande vittoria se il prossimo Sindaco di Roma non masticasse gomme o non passasse del tempo davanti allo specchi, non camminasse come un perseguitato delle emorroidi o astenersi di arieggiare la bocca per liberare vocaboli di cui ignora il significato o fare dei gargarismi con la solidarietà, senza prendere delle energiche decisioni per migliorare la vita agli abitanti di Roma.

Ma soprattutto dimostri di avere una visione della città che approdi alla Metropoli capace di coniugare il millenario tessuto urbano con le esigenze della quotidianità degli abitanti e quella dei turisti, senza che i pullman non si addentrino sino sotto il museo o il monumento, mentre siano rispettate le fasce per lo scarico delle merci, come dovrebbe essere per il servizio di pulizia delle strade.

La lista dei candidati a Sindaco di Roma continua ad implementarsi e modificarsi. Attualmente Gianni Alemanno cerca una riconferma per il centrodestra con un camper per girare in lungo e in largo la città alla ricerca di voti.

Il centro sinistra propone ufficialmente David Sassoli, europarlamentare Pd, e poi una serie di altri esponenti tra i quali Paolo Gentiloni, ex assessore capitolino con Rutelli, e per ultimo è presente anche Ignazio Marino. Anche Sinistra ecologia e libertà sarà presente nelle primarie del centrosinistra con dei suoi candidati.

Il Movimento 5 Stelle mira al colpaccio in Campidoglio proponendo Marcello De Vito per confermare il Tsunami elettorale.

Come indipendente e fuori dalle primarie di Pd e SeL è degno di nota Sandro Medici, gradito da una sinistra diffusa e dai movimenti sociali, con la sua esperienza di presidente del X Municipio e la conoscenza della città esternato nella pubblicazione Roma bella m’appare.

Umberto Croppi che vuol realizzare per Roma quello che non è riuscito a fare come assessore!

Da non dimenticare Alfio Marchini, un immobiliarista che abbandona la cementificazione selvaggia per abbracciare la filosofia del recupero edilizio, con una sua lista civica.

In sintesi abbiamo chi ha fatto il Sindaco per il quale l’elettore può giudicarlo dai risultati, chi porta un’effervescente esperienza europeista o chi una soddisfacente esperienza nell’amministrare un Municipio, chi ha uno sguardo aperto e poi c’è chi ha un’implacabile voglia di protestare.

Una campagna elettorale che porterà ad imbrattare la città di manifesti, anche di chi afferma di non fare affissioni abusive. Qualcuno ritiene che sia uno spreco impegnare degli euro per essere scelto nelle primarie come candidato e magari vorrebbe non vedere il proprio faccione sui muri.

All’elettore l’ardua sentenza, riflettendo anche sulle incognite esplose con le attuali elezioni politiche, guardando negli occhi i singoli candidati per vedere Roma e non le loro tasche.

 

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Teatro dei Conciatori 2012-2013

Teatro dei Conciatori 04 CHERRY DOC'S regia di A. Serrano05 – 14 aprile 2013

CHERRY DOC’S
di David Gow
regia di A. Serrano
con Antonio Bonanotte – Pierfrancesco Ceccanei

La scena è quella di un processo. A dominarla sono solo in due: forma dialettica perfetta.

La tensione che pervade il testo segue il crescendo dettato dal ritmo incalzante delle battute, quasi un ritmo di jazz, in cui le due voci, dissonanti all’inizio, pian piano si accordano e avvicinano su note armoniche: i monologhi iniziali cedono il passo a battute sempre più brevi che ospitano la voce dell’altro, danno spazio alla sua prospettiva.

E’ assecondando questo ritmo che è costruita la regia di un testo scritto – come dichiara l’autore – “senza preoccuparsi di non urtare la sensibilità di qualcuno”: un testo che mostra quanto siano fragili i confini tra buoni e cattivi. Un vero gioco delle parti, dove i personaggi sono lasciati in bilico tra reale natura personale e ruolo sociale, limes sottile che tiene in scacco ciascuno di noi. Non a caso la scena rappresenta una grande gabbia: reale luogo di detenzione del naziskin ma anche metafora della prigione in cui sono rinchiusi entrambi, quella dei loro (e dei nostri) demoni…

Il complesso rapporto tra Mike, un giovane skin head accusato dell’omicidio di un pakistano e Dan, l’avvocato ebreo chiamato a difenderlo, è il fulcro di “Cherry Docs”, dell’americano David Grow. Un testa a testa, un gioco a due voci che si intrecciano a suon di battute lapidarie, chiare e stentoree. Sette giorni, sette scene, sette momenti in cui i protagonisti saranno costretti a confrontarsi con le proprie paure, le contraddizioni e le convinzioni più profonde. Da una parte la fede in un ideale di purezza da difendere a tutti i costi (le “cherry docs” del titolo sono gli anfibi “da battaglia” di Mike), dall’altra quella nei principi della religione di un popolo perseguitato proprio in nome di quella purezza; da una parte l’estrema intolleranza, dall’altra i supposti convincimenti liberali. Contrapposizioni nette, almeno in apparenza. Fino a che le certezze di entrambi non perdono forza e consistenza, minate dal gioco dialettico di cui i due sono allo stesso tempo protagonisti e vittime.

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Teatro dei Conciatori 04 CYRANO DE BERGERAC16 – 28 aprile 2013

CYRANO DE BERGERAC
di Edmond Rostand
regia di Matteo Fasanella
adattamento e allestimento registico: Antonella Bagorda
con Antonella Bagorda – Gianpiero Botta – Susanna Lauletta – Matteo Fasanella – Antonio Coppola

Il poeta. L’amore. Il genio. Le virtù. L’uomo.
Come può l’amore indurre a rinunciare al proprio volto?
Come può l’amore portare un uomo a spalleggiare il proprio “nemico” nella conquista del proprio sogno?

Un amore così, non esiste. Forse.

La lucidità del personaggio Cyrano, viene ingannata da questo nuovo sentimento che mette a nudo le fragilità di quest’uomo quasi perfetto, aldilà delle sue famigerate carenze fisiche.

“Chi la vide sorridere conobbe l’ideale.” Questo ideale porta Cyrano alla consapevolezza della sconfitta, ed egli affida il suo genio ad un uomo che è in grado di soddisfare tutti i suoi sogni.

“Se mi par che vi sia di speranza un’ombra, un’ ombra sola..” La speranza, meravigliosa e vana, induce Cyrano a rendere questo amore, forse unico, palpitante. Egli utilizza tutte le sue virtù senza però mai slegarsi dalla maschera che lo protegge. Ne rimane talmente vincolato che, anche quando la verità viene a galla, preferisce immolarsi e concedersi alla sua vera musa ispiratrice: la libertà.

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Teatro dei Conciatori
Via dei Conciatori, 5
00154 ROMA
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Tel. +39 06 45448982 – +39 06 45470031

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