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Dalla scuola Duca d’Aosta

Storicamente i nuovi regimi cambiano i nomi e non certo solo in Italia: Koenigsberg è diventata Kaliningrad, Tilsit è Sovetsk, Pietrogrado si è chiamata ora San Pietroburgo e poi Leningrado e di nuovo San Pietroburgo. Da noi Littoria è diventata Latina e a Roma viale dei Martiri Fascisti è oggi viale Bruno Buozzi, tanto per fare solo un paio di esempi. Solo che si tratta di azioni decise in seguito a un conflitto vinto dal gruppo dirigente della nazione vincente oppure da un governo che si sostituisce a un regime. C’è un consenso collettivo almeno di una parte, e soprattutto sono atti che si fanno subito e sistematicamente e come tali vengono accettati dalla comunità. Qui invece assistiamo allo strano spettacolo di singoli attivisti che dopo ottant’anni dalla fine della guerra e del Fascismo si svegliano e scoprono che al Foro Italico (già Mussolini) c’è una stele con inciso DUX o che Amedeo duca d’Aosta era un colonialista. Ricerca di notorietà o rapido assorbimento di quel conformismo rivoluzionario (è un paradosso, lo so) chiamato Cancel Culture? L’ultimo episodio si registra  a Pistoia, dove si è proposto di cambiare nome al locale liceo scientifico, intitolato dal 1942 al Duca d’Aosta, per sostituirlo magari con quello di una donna (Margherita Hack? Rita Levi Montalcini?). Alla fine il Consiglio d’istituto non ha approvato la proposta, ma gli strascichi sono finiti sui giornali per tutto luglio. Pro la cancellazione: il Duca era un fascista, militarista e colonialista. Contro: Amedeo era estraneo al Fascismo, era un buon soldato, eroe di Amba Alagi, oppositore del Duce, buon padre dei suoi soldati. Contro: gli studenti di sinistra, le associazioni partigiane, lo storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari. Pro: gli studenti ed ex studenti di destra, i monarchici e Aimone di Savoia, difensore d’ufficio della dinastia sabauda. Per fortuna nessuno ha messo in mezzo il romano Ponte Duca d’Aosta, magari non sapendo che non è intitolato ad Amedeo ma ad Emanuele Filiberto, generale della prima Guerra Mondiale e capo della “invitta Terza Armata”. In realtà la sua armata era invitta perché l’attacco austro-ungarico-tedesco nel 1917 si svolse più a sud, lungo la valle dell’Isonzo, trascurando dunque il settore nord del fronte. E a dirla per intero, Emanuele Filiberto era anche un mediocre stratega. Amato dai suoi uomini, volle che la sua tomba fosse nel sacrario di Redipuglia accanto ai suoi soldati. E almeno qui il mito non è stato mai intaccato.

Invece torniamo ad Amedeo di Savoia Duca d’Aosta. Fin dalle elementari ricordo la sua immagine nei libri di scuola: giovane e bello, nella sua uniforme bianca, morto in prigionia, eroe rispettato anche dagli Inglesi, che gli concessero l’onore delle armi . Un mito. E come tutti i miti, costruito ad arte quanto sentito a livello popolare. La realtà ovviamente è sempre diversa. Instradato alla carriera militare fin da giovane – nella scontata tradizione dei Savoia – quando Amedeo fu inviato in Africa Orientale nel 1936 come viceré d’Etiopia, riuscì a rendere meno odiosa la gestione coloniale finora affidata al maresciallo Graziani. Dopo la seconda guerra italo-abissina, il 21 ottobre 1937 Amedeo di Savoia-Aosta fu nominato governatore generale (e quindi comandante in capo) dell’Africa Orientale Italiana e viceré d’Etiopia. Nel 1941, di fronte all’avanzata degli inglesi nell’Africa Orientale Italiana, le poche truppe italiane rimaste al suo comando si ritirarono per organizzare l’ultima resistenza sulle montagne etiopi. Amedeo si asserragliò dal 17 aprile al 17 maggio 1941 sull’Amba Alagi – una montagna tipica dell’Etiopia, alta più di 3000 metri  – con 7.000 uomini, una forza che comprendeva un reggimento di fanteria, carabinieri, avieri, marinai della base di Assab, 500 soldati della sanità e circa 3.000 indigeni, più un rteggimento di artiglieria con cannoni vari. Un assedio 6 contro 1, visto che gli inglesi e le loro truppe coloniali assommavano a 40.000 uomini. In realtà non poteva fare altro: una volta chiuso il canale di Suez, l’Africa Orientale Italiana non poteva più essere rifornita (per inciso, nessun Savoia è mai stato un genio militare) e l’esito dell’assedio era scontato. Amedeo morì di malaria durante la prigionia in Kenya il 3 marzo 1942. Aveva 44 anni.

Ora, dire che Amedeo fosse un oppositore del fascismo è un falso storico. Per quanto il Duce potesse essere antipatico al Duca d’Aosta, il Re e i Savoia sono stati organici col Fascismo dal primo all’ultimo giorno, pur sopportandone la volgarità. Ozioso invece accusarlo di colonialismo: un viceré d’Etiopia lo era per forza, per quanto accorta e diplomatica fosse la sua gestione rispetto alle pratiche criminali di Graziani. Il vero problema lo affrontò con ironia Umberto Eco: nelle cattedrali d’Europa sono seppelliti personaggi che nessuno inviterebbe a cena se avesse una figlia minorenne, ma sono prodotti nazionali e come tali te li devi tenere. Anche loro sono avvolti dal mito ed è il mito a essere trasmesso a scuola. Possiamo creare nuovi monumenti, ma dobbiamo tenerci anche quelli esistenti. Non sono monarchico, ma per me il Duca d’Aosta rimane quel bell’ufficiale in divisa bianca al quale gli Inglesi (la perfida Albione) ha concesso l’onore delle armi. In Italia ci vergogniamo delle poche vittorie, ma abbiamo il culto della gloriosa sconfitta, come El Alamein (1942). Infine, una riflessione: se dobbiamo cancellare la memoria del Duca d’Aosta perché fascista e colonialista, allora dobbiamo cambiar nome anche a viale Giulio Cesare: se non era imperialista lui, chi altri? Imperium è anche una parola latina.

Baruffe di paternità sul Social

social-baruffe-scuole-accendere-i-riscaldamenti-paolo-masini La decisione della giunta Raggi di accendere il riscaldamento nelle scuole, per far trovare agli studenti le aule calde, un giorno prima della riapertura dopo le festività, ha innescato un’articolata riflessione su Facebook.

Una riflessione sull’importanza del dovuto riconoscimento della paternità di iniziative che ha portato anche all’ovvia esclamazione: “Ma a noi cittadini non importa chi le fa …..importa che qualcuno lo faccia”.

Raramente il politico ha delle idee, ma dovrebbe avere la capacità di saper scegliere i collaboratori che sappiano mettere in moto la mente, perché il loro “capo” possa convincersi a fare opera di promozione per tessere la rete di supporto per la realizzazione.

Il politico è la faccia dell’idea, ma non sempre ha la capacità di scegliere dei collaboratori competenti e educati, spesso sono invece arroganti e inesperti, o anche la capacità di vagliare una iniziativa di ampio respiro.

Nelle riflessioni c’è chi ha evidenziato come “Berlusconi ha inventato cose che poi sono state messe in pratica da Renzi il pappagallo…”

Si può rimanere bloccati all’infinito nel redigere elenchi di chi ha pensato cosa per primo, ma poi sono i fatti che demarcano la differenza, tra il pensiero e l’azione, anche se nel caso del riscaldamento anticipato delle scuole è risultato trascurabile, visto che i dirigenti scolastici hanno comunque consigliato ai genitori di coprire bene gli allievi.

Ad esempio qualche anno fa qualcuno aveva proposto un meeting degli istituti artistici nel Museo di Roma in Trastevere per far emergere l’eccellenza attraverso una selezione tra docenze.

A distanza di anni quello spunto si è trasformato nella 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici che esalta la partecipazione collettiva più che delle singolarità.

Nel 2007 era stata promossa una iniziativa espositiva itinerante denominata Visioni dell’Umanità http://www.ex-art.it/visioni_dell_umanita’/visioni_dell_umanita’.html per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla migrazione e sull’arricchimento culturale, forse la proposta precorreva i tempi per poter ottenere la giusta attenzione.

Mentre la mostra Opere Solidali, promossa dal Magis (Movimento e Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo) per raccogliere i fondi per finanziare progetti di sviluppo nelle aree disagiate dell’Africa e dell’America latina, ha potuto contare solo su vaghe promesse, perché magari poteva far diminuire la migrazione per la povertà o per carestie.

Ora il Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) promuove MigrArti per offrire delle occasioni di espressione nel cinema e nello spettacolo.

Per fortuna che qualcuno fa qualcosa, avendo i mezzi oltre che le menti da mettere in moto per dare amplio respiro all’interculturalità.

L’arte di Henry Moore è l’essenza di quella Henri Gaudier Brzeska e le figure di Modigliani sono state affinamento da Brancusi, ma tutti hanno trovato nel Primitivismo la scintilla iniziale.