Intelligente senz’altro, ma discutibile su molti piani (e non solo per le sue scelte di vita): non è tutto oro poetico che luccica il suo, fatta eccezione per “Le ceneri di Gramsci” di foscoliana malinconia. Ma non è vero, come diceva Moravia, che è stato il più grande poeta del novecento… preferisco Alfonso Gatto, Umberto Saba, Ungaretti, Dino Campana e altri ancora… Mi interessava fare il suo ritratto, non tanto per il suo valore di scrittore, ma per l’oscurità della sua tragica vitalità.
Preraffaelliti
Solo una pretesa intellettuale il desiderio dei preraffaelliti di “resuscitare” la gloriosa pittura del ‘400 italiano… naturalmente era impossibile, così che la loro estetica si configura nelle ultime frange del Romanticismo fine ottocento, pregnante di decadentismo letterario. Ma aldilà di questo peccato originale la loro pittura è degna di lode per la capacità tecnica e per una certa dimensione dolcemente crepuscolare che ne fà la loro cifra.
Quale pittura
Vedo che in pittura torna a trionfare il Surrealismo, Simbolismo, Misterismo e tutti i labirinti enigmatici possibili… Non so, ma aldilà delle indubbie capacità tecniche avverto “contorcinamenti” cervellotici magari stupefacenti, ma che non mi commuovono… E’ come trovarsi in un salotto di gente raffinata e colta (anche troppo!) ed aver voglia improvvisamente, di scambiare qualche battuta liberatoria con il cameriere che ci porta il thè!
Emilio Longoni
Delizioso intimismo sulla traccia tutta tardo ottocentesca dell’attenzione per gli umili e la piccola quotidianità (Palizzi, Toma, Mancini), qualità del resto comune con l’estetica dei macchiaioli e del loro lirico provincialismo.
Emile Vernon (1872-1919)
Ecco l’esempio, di quei tempi, di una pittura pur tenera e affettuosa nel ricordo, ma tipicamente corriva da ebdomadario per modiste.
Pietro Marussig, 1879-1937, “Figura al balcone”
C’è qualcosa di ingenuo, o se preferite di infantile, nelle evidenti sproporzioni o nel taglio grossolano di alcune parti, temo non tutte volute e architettate… Ma in tutto ciò vi è un’aria di domestica semplicità e di una poesia del quotidiano che rimanda inevitabilmente ad altri tempi e a trascorsi ambiti familiari evocati con naturalezza e sincerità..
Grazie Carles Puigdemont, presidente della Generalitat, il governo regionale – o nazionale diresti tu – più assurdo del mondo. Grazie per aver interpretato con tanta devozione il tuo mandato in quella seconda patria del surrealismo (dopo la Francia) ch’è la Catalogna. Certo Dalí e Miró avrebbero fatto meglio di te: più navigati, più intellettuali forse, certo più capaci di comunicare e avvincere.
Tu in fondo non hai fatto altro che cercare di portare alle estreme conseguenze quanto ti sei trovato in mano già cucinato dai tuoi predecessori, Jordi Pujol e Artur Mas: anche loro ben più navigati di te e consci di quel che la politica vera è: avvincere le folle con scintille di demagogia, mentre pian piano vengono derubate dei loro denari e delle loro illusioni.
Tu, come un qualsiasi votante, sei caduto nella trappola: hai creduto che quel che avevano preparato i tuoi predecessori dovesse veramente essere compiuto. Che veramente l’indipendenza catalana dovesse essere raggiunta: che fosse un mandato storico, una vocazione le cui radici affondano nei secoli e che ora, proprio ora, sotto la tua illuminata guida, potesse attuarsi, in ciò concretando i sogni di generazioni passate.
Sembra che tu ci abbia fermamente creduto: a differenza di quanto fecero i tuoi predecessori, intenti da un lato ad agitare manifesti politici e dall’altro a compiere quel che fanno, se non tutti, certo moltissimi tra coloro che raggiungono posizioni di potere: accumular denari in conti esteri e garantirsi un blasone di nobiltà da passare alle future generazioni della propria famiglia. È quanto han fatto i tanti mercanti di schiavi arricchiti, i cui successori oggi sono “leader”: tra questi, appunto l’ineffabile Artur Mas.
Tu invece, piccolo Puigdemont, emerso da qualche scantinato di Girona, hai creduto davvero alla politica. Pensavi di riscrivere la storia, di fare giustizia dei soprusi avvenuti nei secoli. Hai ravvisato tale giustizia nella separazione: grandiosa idea, che hai evidentemente poppato sin dall’asilo politico frequentato al tempo delle prime amministrazioni catalane postfranchiste guidate da Pujol, quando questi si impegnò a imporre il verbo catalanista nelle scuole: l’idea che l’essere catalani fosse meglio che esser spagnoli; e che la Catalogna fosse la grande derubata dallo stato centrale a detrimento dei livelli di vita dei poveri catalani – mentre lui, Pujol, imboscava nei suoi conti in Andorra milioni su milioni prima di pesetas, poi di euro.
Tu ci hai creduto, piccolo Puigdemont: in questo sei stato grande. Hai fatto politica come uno che veramente ci crede. Questo già di per sé è un grande merito – anche se è di quelli scivolosi, pericolosi, che nella storia han dato luogo a tante catastrofi: a partire dai comunismi di varia sorta che hanno tempestato il XX secolo, tutti sorti sull’onda di commozioni giustizialiste, tutti affogati al meglio nell’infamia di burocrazie inefficaci e corrotte, o alla peggio annaspanti nel sangue e nella violenza.
Ma il tuo più grande merito, con l’assurdità surreale del referendum illegale dai risultati privi di senso che hai voluto svolgere il 1 ottobre 2017 anche se era stato dichiarato incostituzionale – in cui ha votato poco più del 40 percento degli aventi diritto, esprimendo voti contati chissà come e chissà da chi, in una specie di festa popolare dove sembrava che ognuno dicesse la sua mentre la polizia nazionale a sua volta assurdamente mobilitata da Rajoy all’ultimo istante cercava con mossa insensata di chiudere quei seggi elettorali che tali non erano, quasi a darvi una legittimità che comunque non avrebbero avuta… Il tuo più grande merito, si diceva, è stato di aver compiuto un gesto politico: di aver fatto qualcosa, e così di aver provocato qualcos’altro: un altro gesto politico importante.
Hai svegliato la gente della Spagna che s’è come scossa dal torpore e s’è resa conto – foss’anche per qualche breve istante – che pur con tutto il mastodontico marchingegno di burocrazie e di voti di cui si ricoprono le democrazie, era stata spodestata, tradita, ingannata, abbandonata… e s’è mossa: contro di te, perché tu, piccolo Puigdemont, hai fatto la scemenza…
Forse hai pensato che dopo Brexit, dopo l’assurda elezione dell’assurdo Trump negli USA, dopo le vittorie dei tanti partiti tipo AFD di antieuropeisti, antisistema, antigoverno, antitutto, dietrologi che pensano si divenire chissà chi per gridare a squarciagola nelle asettiche trame dei social contro questo e contro quello, supponendo di trovare verità nascoste e mai rivelate prima che Internet desse a tutti una voce: forse hai pensato che dopo tutto questo avesse molto senso che la Catalogna si separasse alfine dalla Spagna, anche se tale volontà sarebbe stata espressa, secondo i conti che tu stesso hai presentato al mondo (ove non si tien conto di quelli che han votato tre o quattro volte) da circa il 36 percento degli elettori catalani. Ovvero da una decisa, netta, evidente minoranza.
Che fosse una minoranza esigua non ha fatto vacillare il tuo cuore di democratico indipendentista, ma soprattutto di interprete surrealista di una realtà immaginata: da buon ideologizzato ti basta la tua convinzione: avresti dichiarato subito l’indipendenza come cosa fatta. Anche se non hai la minima idea di come si gestisce un paese, di come si fan funzionare i trasporti pubblici, gli ospedali, il sistema bancario, la moneta, le scuole, le fabbriche, il sistema impositivo… Ti sembrava che tutto sarebbe stato semplice, che tutto il mondo ti avrebbe seguito, come in un sogno…
Piccolo Puigdemnt, da buon surrealista hai pensato che la realtà fosse quella che dipingi nei quadri assurdi di una piazza barcellonese piena di bandiere urlanti. Non è così che funzionano gli stati. E anche se da anni la Catalogna spende cifre non indifferenti per foraggiare pseudo diplomatici propri, non avresti trovato sostegno in alcuna delle cancellerie degli altri paesi, per non dire delle organizzazioni sovrannazionali…
Anche se i giornalisti che si sentono progressisti (i tanti che come Concita de Gregorio arrivano a Barcellona all’ultimo minuto e pensano di capire tutto probabilmente senza sapere nulla di quel che accade), per qualche giorno ti hanno presentato al mondo come la vittima di uno stato-padrone, cattivo e violento che manda i poliziotti a manganellare anziché blandire con dolci e coccole chi vuol secedere, tu in realtà di progressista proprio non hai nulla. Sei esponente dei più retrogradi tra i retrogradi – un tempo si sarebbe detto di “destra”, fascisti o qualcosa del genere, ma oggi è difficile appiccicare etichette, visto che tutto s’è confuso. Il secessionismo catalano ha origini, tra l’altro, carliste: solo a metà ‘900 è stato traghettato nel campo progressista dal fatto che si oppose al centralismo franchista. Ma è quanto di più reazionario ci sia, e non per questi motivi ormai appartenenti a una storia passata, che in fondo lasciano il tempo che trovano: è quanto di più reazionario perché appartiene esattamente allo stesso fenomeno rappresentato da Trump, da Brexit e dal tedesco AFD: demagoghi che raccolgono il malcontento e vi danno forma di rivolta contro la tendenza sorta nel secondo dopoguerra a rendere sempre più stretti i rapporti tra i Paesi del mondo, e a evitare gli egoismi nazionalisti che sempre nel corso della storia han dato luogo a disastri bellici.
Ma hai il grande merito di esser sostanzialmente innocuo, o meglio, di esserlo diventato perché la stragrande maggioranza degli spagnoli, e probabilmente anche la stragrande maggioranza dei catalani, s’è svegliata di fronte alle tue mosse maldestre e ora ti addita come traditore.
Non ti arresteranno né ti metteranno in carcere, come accadde al tuo predecessore Luís Companys: non dovrai andartene in esilio. Speriamo solo che riescano ad esorcizzare i fantasmi nazionalisti che hai voluto a tutti i costi tirare fuori dalla boccetta, e riescano a rimetterli dentro senza far troppo casino; poi tu scenderai in una meritata oscurità: speriamo (perché l’altra soluzione passa attraverso il caos per la Spagna e quindi di riflesso per l’Europa).
Ma il mondo, almeno ora, ti deve essere grato: perché hai dato uno scossone alla politica. Questa sonnecchiava infatti nel tran tran della burocrazia. Anche il grande Brexit in fondo non è stato altro che un enorme gesto burocratico: perché l’han fatto bene, con tutti i crismi della votazione democratica fatta come si deve. E anche quel buffone di Trump è venuto a noia: la sceneggiata dello scontro con Kim Yong-un dopo qualche settimana ha perso interesse – s’è capito che né i cinesi, né l’apparato militare americano l’avrebbe lasciato fare: il suo ruolo è semplicemente ridotto a quello di intrattenersi coi Twitter e di deliziare il numero sempre più esiguo di suoi sostenitori. E non diciamo dell’Italia, dove politica e burocrazia da sempre o quasi fanno tutt’uno. E del tormentone di che cosa farà Renzi, e di quanto ancora potrà dividersi la sinistra, o se e quanto potrà ricompattarsi la destra, e di come cambiare il sistema elettorale per favorire questo piuttosto che quello schieramento… uno spettacolo stantio in cui non si nasconde altro che noia: un andirivieni destinato a non finire mai di dichiarazioni soppesate parola per parola per non dire mai niente. Perché l’Italia è finita tempo addietro, con Tangentopoli: quando doveva finire la corruzione e invece questa s’è generalizzata, poiché s’è inteso che non v’è altro che fa testo da queste parti; ed è tanto più finita quando la ‘ndrangheta e la Camorra hanno preso il sopravento sulla Mafia (o con la Mafia?) nel controllare i flussi di droga e di profughi e gran parte dell’economia del paese: malgrado tutte le votazioni e i tanti partiti, non è con votazioni e partiti che si governano Mafia, ‘ndrangheta, Camorra e le altre organizzazioni consimili che sembrano le uniche capaci di esprimere ordine e risolutezza nel nostro paese.
E anche Brexit è in fase di stanca: discussioni che si protraggono senza condurre a nulla. La dinamica tra occidente e Russia s’è pietrificata attorno allo stucchevole dibattito su quanto i troll russi sappiano influire sulle opinioni pubbliche occidentali. E in Russia tutto ruota attorno a Putin e a quelli che vogliono fargli le scarpe e finiscono regolarmente in galera.
Ormai sa un po’ di noia anche che la Cina avanzi e sarà ben presto la maggiore superpotenza: l’hanno capito tutti, e lì gli apparati burocratici funzionano, ameno per ora, perfettamente e senza scossoni (con buona pace delle migliaia di giustiziati all’anno).
Solo tu, giovane Puigdempont, tenerello con quella frangetta che ricorda quella di tanti amici dell’uomo (ma tu ti distingui perché hai gli occhiali), hai dato uno spettacolo politico degno di questo nome: hai tenuto l’Europa per qualche giorno col fiato sospeso: tu che con la tua aria sparuta e sperduta celebri Companys e ti dichiari pronto a far la sua fine (fu giustiziato dal regime franchista ma, come si diceva sopra, la Spagna democratica neppure ti metterà in galera, lo sai bene), come se vivessimo due secoli fa e in novelli impeti quarantotteschi dovessimo ancora gettarci nella mischia brandendo le Ultime Lettere di Jacopo Ortis e Le Mie Prigioni, stracciandoci le vesti per cacciare il barbaro invasore.
Grazie Puigdemont: ci hai fatto divertire per un paio di settimane. Ora non ci resta che aspettare che qualche pietoso letterato, tra i tanti che si trovano in giro di questi tempi, sceneggi fantasiosamente le tue gesta. Se lo si troverà, forse avrei modo di passare anche tu alla storia, con frangetta, occhiali, aria sparuta e tutto.
Per ora abbiti la nostra gratitudine: sarai piccolo, maldestro, retrogrado e assurdo, ma ci hai fatto divertire: un poco di surrealismo in fondo sei riuscito a popparlo, pure tu.
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