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Europa: La confusione e l’inganno della Ue

L’Europa, prepotente con i deboli e ossequiosa con i potenti, è un carrozzone dove tutti vogliono avere, ma sono pochi quelli che rinunciano a qualcosa per il bene comune.

Un’accozzaglia di Stati arroccati sempre di più sulle loro posizioni protezionistiche per tener lontani i deboli, ignorando la solidarietà sulla quale si era fondata l’Unione europea, mentre è cedevole nei confronti delle nazioni con le quali stipulare contratti e avere vantaggi economici, dimenticando gli impegni di sconfiggere la povertà entro il 2015 con End Poverty.

I trattati di libero scambio come quello in discussione con gli Stati uniti, mettendo in pericolo molte delle politiche culturali e alimentari, permettono l’importazione di prodotti senza gli accurati controlli, evidenziando una certa indulgenza verso gli Ogm statunitensi.

Un trattato quello tra Europa e Stati uniti che ha suscitato le proteste degli ambientalisti e attivisti anti-globalizzazione sotto lo striscione: Stop TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Una intesa commerciale tra Usa ed Europa che non sembra prendere in considerazione l’impatto sui poveri e sull’ambiente.

Contraddizioni che diventano lampanti quando non si riesce a fare una politica economica comunitaria unitaria che manca di incisività e ammonire i governi che operano in contrasto con lo spirito dei padri fondatori.

Un’Unione europea che si limita a sussurrare indignazione per nuovi muri di separazione come quello che l’Ungheria ha in progetto di erigere sul confine serbo, invece verificare possibili violazioni ai Trattati Comunitari.

Dovrebbe essere automatica la sospensione di quegli stati che si dimostrano autoritari e inadempienti rispetto alle regole della solidarietà che l’Unione europea sventola sulla sua bandiera.

Una solidarietà rivolta sia verso quell’umanità che fugge dai conflitti e dalle carestie, avallando le selezioni tra chi invoca protezione che verso quei paesi dell’Unione meno fortunati e con un Pil ritenuto ininfluente all’interno della Ue.

Nella Ue ci sono delle posizioni predominanti, non tutti sono uguali e alcuni paesi possono porre delle condizioni, sino a ventilare dei ricatti per la loro permanenza nell’Unione, mentre altri vengono incoraggiati ad abbandonare il”club”.

La poca disponibilità che l’Europa dimostra nell’ascoltare le esigenze di paesi come la Grecia ha il solo risultato di facilitare l’intesa russo-greca sul gasdotto che aggira l’Ucraina.

Nel caso della Grecia è la Germania, spalleggiata dai alcuni paesi del nord Europa a fare la voce grossa per imporre ulteriori sacrifici ai greci.

La Merkel interpretando il ruolo della cordiale zia che vuole tanto bene alla patria della democrazia da intrattenersi con Tsipras per delle ore, lasciava però fare il lavoro “sporco” al suo ministro delle finanze, mentre ora Hollande la fiancheggia con la sua posizione muscolare verso i migranti che sostano sugli scogli di Ventimiglia, trasformando il motto della Rivoluzione francese in Liberté, Égalité, Telibecchitè, trovando la Fraternité obsoleta.

Il Parlamento Europeo sarà anche eletto dagli europei, ma non è decisionale per una comune linea di comportamento di tutti i paesi membri nei confronti delle grandi sfide del XXImo secolo come la migrazione, l’ambiente e soprattutto la solidarietà.

La crisi greca aveva, già nel febbraio di quest’anno, mobilitato 300 personalità di varie nazioni, nello schierarsi per salvare la Grecia con un appello internazionale contro un’austerità indiscriminata.

Un sostegno che non ha contribuito al raggiungimento di un accordo sul debito greco e su come sanarlo ed ora ci riprovano sette economisti, tra i quali Piketty e Stiglitz, a scandire il loro appoggio a favore della Grecia e sfavorevoli ad ogni imposizione dell’Unione europea, vedi Germania, con la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale che prevede solo sacrifici, con il risultato di spingere la Grecia fuori dall’eurozona.

La Grecia, anche se ritenuto un paese ininfluente per il Pil europeo, vuol capire come è stato gestito il debito ellenico, istituendo il Comitato Verità, per indagare sulla creazione e la crescita del debito pubblico

David Cameron aveva tra i suoi slogan per la campagna elettorale la messa in discussione della permanenza britannica nell’Unione europea, a vittoria avvenuta conferma il referendum per il 2018, ma per restare nell’Ue, magari rinegoziando sugli oneri. Un po’ come Benjamin Netanyahu che prima delle elezioni gridava che non si sarebbe mai permesso la nascita di uno Stato Palestinese, ma poi apre alla possibilità. Questo si chiana opportunismo, qualcuno la chiama politica.

Un’Europa che si scopre xenofoba dove la Danimarca è l’ultimo dei governi andato a una coalizione fortemente caratterizzate da un populismo di destra, è ben lontana dal Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.

È necessaria una rifondazione per ritornare all’idea iniziale di Europa, dove tutti gli stati membri si devono impegnare a rispettare l’atto fondativo e lo spirito dei padri fondatori come Adenauer, Churchill, De Gasperi, Schuman e Altiero Spinelli.

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