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Turismofobia

Il lessico estivo si è arricchito quest’anno di un’altra parola: turismofobia, discutibile quanto altre simili (omofobia, islamofobia): perché mai associare alla psicologia clinica una motivata avversione per un fenomeno sociale o politico? Manifestare contro il sovraturismo, il degrado delle città d’arte e l’invasione dei B&B non è un disturbo della personalità ma la reazione a un fenomeno gestito unicamente dal mercato e trascurato dalla politica. Basta scorrere i titoli dei giornali: rivolta dei residenti di Barcellona e delle isole Canarie, centri storici svuotati degli abitanti, parcellizzazione degli spazi immobiliari, negozi e servizi orientati solo al turismo di massa, solo affitti brevi, traffico intasato, affitti alle stelle, carenza di alloggi per studenti, famiglie espulse verso le periferie, bassa delinquenza parassita. Ma anche senza leggere i giornali basta farsi un giro per Roma per giudicare qualità e quantità del turismo attuale, esploso dopo il Covid e risorsa indispensabile per i comuni in deficit. In realtà il turismo di massa non è una novità: fino a pochi anni fa abitavo al centro e la mia famiglia aveva una bottega storica a Fontana di Trevi, dove comunque passavano carovane di turisti con scarso potere di acquisto, poco tempo per vedere tutto e una basica cultura generale. C’erano i negozi di souvenir, ma non al punto di saturare e snaturare le vie e le pareti degli edifici, né i turisti fotografavano le cartoline invece di comprarle. Mio padre – pittoresco antiquario – è stato ritratto tanto di quelle volte da entrare alla fine nel personaggio, ma senza che le vendite aaumentassero. In compenso, con i cellulari e i gps in mano, nessuno mi chiedeva più dove era Fontana di Trevi, peraltro sommersa non certo da ieri da masse di turisti. La differenza è che oggi si è arrivati quasi alla saturazione e alla rivolta dei cittadini residenti. Come calcolare il punto di rottura? Applicando un parametro caro all’ecologia: il concetto di carico massimo o capacità portante dell’ambiente, ovvero quanto stress un ambiente può assorbire prima di collassare per il degrado o la mancata riproduzione degli elementi che ne rendono possibile un equilibrio armonico (1). Analizzando in modo sistematico il fenomeno, è impressionante la rapidità con cui si è passati dai B&B familiari ai grandi gruppi immobiliari stranieri (come il tedesco Limehome) che comprano interi palazzi per farne quello che sappiamo. Quello che doveva essere una risorsa aggiuntiva per le famiglie con un appartamento ben collocato si è presto trasformato in un’industria pesante che ha espulso tutti gli altri. L’obbligo di abitare nello stesso immobile affittato a breve termine è stato presto superato e ormai le trattative si fanno solo per via telematica, compresi i codici di accesso per le serrature. Si è detto che il turismo porta i soldi, anche quello povero (perché gioca sulla quantità), ma a chi vanno in tasca? Un turista che prenoti con Airbnb e paghi in anticipo anche altri servizi (collegamenti, etc.) quei soldi non li spenderà a Roma o Firenze, ma andranno a finire in un conto estero. Per non parlare degli affitti in nero, a Roma forse anche il 30% del totale. Diciamolo, la politica ha lasciato fare il mercato, sperando in facili entrate per riempire le casse vuote, ma non ha capito che se un’attività occasionale diventa un’impresa, come impresa va inquadrata e tassata, obbligando a quel punto l’imprenditore ad attenersi alla normativa prevista per le imprese alberghiere, da quella igienica a quella fiscale, ed evitando poi che i colossi tipo Airbnb (in stile Microsoft) facciano profitti miliardari senza dare una lira al paese dove si trovano realmente le stanze in affitto.

Non so però quanti sanno che il turismo di massa è se non il figlio almeno il nipote del Gran Tour, l’esperienza quasi obbligatoria riservata dall’inizio del sec. XVII ai giovani nobili europei – inglesi e francesi, ma anche tedeschi e olandesi – per dar loro occasione di perfezionare i loro studi visitando le città d’arte italiane (sempre le solite: Venezia, Firenze, Roma, Napoli, magari con una estensione via nave in Sicilia) e godendo delle bellezze e delle opere d’arte del nostro paese. Nelle loro descrizioni – diari, lettere – abbondano i luoghi comuni: la grandezza di Roma antica ridotta a un deserto di ruderi, l’elenco più o meno freddo ei quadri degli Uffizi, l’emozione davanti a Michelangelo, il falso moralismo verso la prostituzione d’alto bordo di Venezia e quella miserabile di Napoli. E soprattutto, l’idea che l’Italia è stupenda per quanto sono arretrati gli italiani, come se ne potesse fare a meno, e si direbbe che la von der Leyen la pensi ancora in questo modo. Nascono proprio ai tempi del Tour le guide per viaggiatori che più o meno si sono aggiornate col tempo. Ma se confrontate una guida del Settecento con un moderno Baedeker o una guida blu Michelin noterete che alla fine le guide del TCI hanno semplicemente aggiornato l’idea iniziale, come invece il pellegrinaggio a Roma si basava sui Mirabilia Urbis Romae più volte ristampati nei secoli ma pur sempre basati su un progetto editoriale nato nel 1300 con l’Anno Santo. Ma mentre il turismo religioso è sempre stato popolare, quello laico si è democratizzato partendo da un’iniziativa d’élite. Turismo deriva da Tour, ma diventa qualcosa di diverso con Thomas Cook, l’imprenditore inglese che nel 1841 iniziò a portare gruppi di pellegrini in treno (lui era un pastore protestante) ed ebbe l’idea di organizzare i viaggi delle comitive borghesi, fondando un’agenzia che ha chiuso i battenti nel 2019. Thomas Cook ha trasformato l’esperienza di pochi in un progetto accessibile, inventando anche gli assegni per viaggiatori e le carrozze pullman, per non parlare dell’esclusiva delle crociere sul Nilo, all’epoca un protettorato britannico. Il suo modello è stato anche ironizzato da Mark Twain ne “Gli innocenti all’estero” (1869), dove l’autore segue il tour Cook di un gruppo di americani che si lamentano perché Venezia è allagata e poco s’interessano di storia dell’arte “perché negli Stati Uniti non è insegnata”. Rispetto al Mississipi l’Arno è un ruscello e così via: i suoi compagni di viaggio non riescono ad apprezzare una terra di morti quale è per loro l’Italia, sono anzi orgogliosi del loro essere appunto “innocenti” rispetto ai pregiudizi della vecchia Europa. Sono luoghi comuni che vedremo ripetuti all’infinito (un signore inglese mi disse che invece della cucina italiana preferiva i Fish & Chips) ma che mostrano l’anima del turista di massa: un consapevole, orgoglioso ignorante, superficiale ed estraneo alla cultura con cui viene a contatto senzaa comprenderla e tutto sommato alla ricerca di un parco a tema in cui i nativi – non importa se italiani, spagnoli o asiatici – fanno parte della scenografia. E molti stanno al gioco: si deve pur mangiare per vivere.

Ma intendiamoci: per conoscere una cultura bisogna stringere relazioni continue e profonde con l’ambiente e troppo spesso il tempo è poco. Ma poter viaggiare in aereo nei pochi giorni di ferie è democrazia, estensione dei previlegi prima riservati a una minoranza. Ancora negli anni ’50 il viaggio era un’esperienza costosa e chi scrive ricorda bene i prezzi degli aerei di linea. Appartengo infatti alla prima generazione che ha sentito la necessità di imparare le lingue e di viaggiare in Europa e lo ha fatto grazie alla scuola e all’Interrail. Chi ha fatto il militare si ricorda che moltissimi giovani non erano mai usciti dal paese o dalla propria regione. Ma se l’esperienza del viaggio o del turismo ora è più accessibile, non significa che sia per forza volgare. Una cultura di massa non è necessariamente un sottoprodotto: americani e sovietici lo hanno a suo tempo ampiamente dimostrato. Il problema è che quello che vediamo è una cultura per le masse, non differente da quella proposta dalle televisioni commerciali, dove non c’è nessuno sforzo per educare la gente. Se vogliamo, è pornografia. Che un certo turismo sia in stretto contatto con lo spettacolo si è visto a Ragusa di Dalmazia (Dubrovnik), ormai sempre sovraffollata da quando vi sono state girate alcune puntate di “Trono di Spade”. Ma persino un modesto pontile del lago svizzero di Brienz è stato saturato dal turismo asiatico: questo perché il luogo è stato utilizzato per una scena della serie coreana di successo “Crash Landing on You“, in cui una ricca donna coreana si schianta con il parapendio in Corea del Nord e incontra e si innamora di un ufficiale dell’esercito. La scena mostra lo stesso ufficiale che suona il pianoforte su quel pontone di legno. Da allora, i turisti appassionati della serie Netflix fanno la fila, a volte per ore, per farsi fotografare sul ponte dove è stata girata la scena del pianoforte (2). Il finale? Ora gli svizzeri fanno pagare 5 franchi l’accesso e il gabinetto. Noi italiani al massimo vorremmo dormire nella casa dove abitava il commissario Montalbano, ma già le masserie pugliesi sono diventate famose per l’accorta politica della Regione Puglie verso le produzioni cinetelevisive. Sarebbe anzi un’idea vincente lanciare sul mercato zone secondarie, non-luoghi, destinazioni poco sfruttate o semplici “dupe destinations”, destinazioni-clone (3) simili ma meno gettonate. La tendenza, nata su TikTok e legata inizialmente all’industria della bellezza, si sta diffondendo anche nel mondo dei viaggi, come svela un’analisi di Expedia Group da cui è emerso che i vacanzieri nel 2024 sono pronti a partire per luoghi più inaspettati e, spesso, più convenienti: Paros invece di Santorini, Sheffield o Liverpool invece di Londra. E qui le comunità locali o regionali dovrebbero elaborare precise strategie per valorizzare magari anche tesori nascosti o zone depresse. Il capitale ha bisogno continuo di espandersi e di investire risorse. L’importante è che si agisca con criterio, anche se per ora non c’è da farsi grandi illusioni: quando ti dicono che l’isola è incontaminata vuol dire che l’hanno già attrezzata per lo sbarco dei crocieristi, le cui navi tendono attualmente al gigantismo. Ma ancora trenta o quarant’anni fa quante persone potevano permettersi una crociera? Le vedevamo nei film brillanti, ma erano piene solo di gentlemen, avventurieri e belle signore. Ora a Trieste ne sbarcano anche due a settimana e più che navi sembrano blocchi di case popolari galleggianti e forse in fondo metaforicamente lo sono pure.

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Note:

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Capacit%C3%A0_portante_dell%27ambiente
  2. https://www.cdt.ch/news/vuoi-farti-un-selfie-allora-pagami-cinque-franchi-315688
  3. https://siviaggia.it/notizie/video/viaggio-scoperta-dupe-destination/426546/

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Fu-Turismo

Nei mesi di ordinaria follia si è visto di tutto, inutile tornarci sopra; ora si torna alla normalità, anche se non è finita: ogni tanto si accende qualche nuovo focolaio, vuoi per la movida repressa, vuoi per le metastasi d’importazione. La gente non ti guarda più come il nemico da evitare e le mascherine sono ormai disegnate anche dagli stilisti. Ma facciamoci un giro: fa impressione vedere un centro senza turisti, soprattutto se cammini a fontana di Trevi, al Colosseo o verso il Vaticano. Traffico e mondezza in compenso sono tornati ovunque come prima, se non peggio. In autobus tre posti a sedere su quattro sono interdetti, ma chi sta in piedi è serrato accanto al vicino, almeno in certe fasce orarie. Mascherine obbligatorie, ma basta farsi un giro dove si riuniscono i giovani per capire la scarsa disciplina: per incoscienza, sfida o stress differito non vogliono capire che la storia non è finita. Vecchi contro giovani, la storia aggiornata ai tempi. Capisco però la voglia arretrata di socialità: per tre mesi abbiamo usato al parossismo tutti i mezzi offerti dalla tecnologia per comunicare, ma il contatto fisico con le persone è un’altra cosa. Mi accorgo che in questi mesi è stata distrutta la mia vita sociale, fatta non solo di serate con gli amici o gite fuori porta, ma anche – nel caso mio – di cerimonie civili e militari, di parate, cene sociali, attività sportive all’aperto. Chi poi ha descritto compiaciuto una Roma vuota, icona eterna, esaltandone l’estetica e trasfigurandola in una dimensione metafisica, di sicuro non ha mai gestito un negozio o un albergo. Fa effetto vedere la zona di Borgo con decine di negozi di souvenir religiosi e solo poche centinaia di turisti. Stesso discorso verso Fontana di Trevi: se vi avessimo mantenuto la bottega storica gestita in famiglia per più di mezzo secolo, avremmo dovuto chiuderla comunque: quella zona del centro sembra ora spopolata e di fatto lo è. Sia chiaro che non provo nessuna pietà per le decine di negozietti e servizi per turisti low-cost; lo stesso per le decine di B&B che hanno trasformato il centro (e non solo) in un luna park per turisti poveri e ignoranti. Quando ho chiesto ironicamente a un gestore quanti ne faceva dormire, candidamente mi ha risposto: “quanti ce ne entrano”. Coi letti a castello, s’intende. La nostra bottega storica si è alla fine ritrovata priva del tessuto connettivo originario, in mezzo a negozi di dubbio gusto e dubbia proprietà, uno uguale all’altro. La casa di famiglia a Campo di Fiori (venduta) diventerà prima o poi un altro B&B, anche se il crollo del turismo ha rimandato i lavori e per strada non si sente da mesi il rumore continuo dei trolley sui sampietrini. E devo dire che ieri sera, andando a cena con un gruppo di amici dopo la presentazione di un libro, vedendo solo clienti italiani e pochi ma qualificati stranieri pur stando a piazza Navona, ho rivisto la Roma di quarant’anni fa, romana e turistica sì, ma non affollata e low-cost come fino a pochi mesi fa. Sono pieni i ristoranti cari ai romani, ma le mense rapide con pizze surgelate vivacchiano, e devo anche dire che i tanti, troppi tassisti fermi al parcheggio almeno per una volta mi hanno fatto pena. Non so se la classe politica imparerà molto da questa esperienza, ma la lezione è semplice: non si deve mai puntare su un solo tipo di investimento sperando che le risorse crescano illimitate nel tempo. I cicli economici sono sempre più brevi e il Covid-19 – inaspettato, questo sia chiaro – finora ha fatto più danni di una guerra. Su Roma in tempi normali gravitavano 300.000 turisti al giorno, e solo le guide più o meno patentate sono 5.000, per non parlare del personale di servizio di alberghi e ristoranti. Una serie di leggi assurdamente avallate dalla sinistra nel frattempo aveva permesso di aprire qualsiasi negozio in qualsiasi zona, con l’unico risultato di un’omologazione mirata ai servizi per il turismo di massa, e la trasformazione del centro storico in zona di locande a basso costo,  per la metà abusive. Ci voleva la pandemia per capire che al centro non abitavano realmente più di 50.000 persone? La notte si sentiva il rumore dell’acqua dalle fontanelle.

Detto questo, che fare? Il turismo statunitense e sudamericano lo vedremo forse l’anno prossimo, gli aerei della RyanAir stanno ancora a terra e ad agosto qui a Roma non possiamo aspettarci più di poche migliaia di turisti europei. Per fortuna in questi ultimi due mesi c’è stata una ripresa del turismo italiano: le offerte non mancano e si tende a non andare troppo lontano, con un rilancio della costa e dei piccoli centri. Pochi andranno all’estero, almeno rispetto alle abitudini pregresse, quindi in tanti scopriremo l’Italia. L’unica cosa: bisogna assolutamente rimodulare tariffe e orari di musei e monumenti. Il Vaticano l’ha capito subito e ha adeguato l’accoglienza modificando ed estendendo il servizio. I musei statali o comunali forse non hanno capito che chiudere troppo presto o non aprire la sera e mantenere prezzi troppo alti può andar bene agli stranieri in pullman, ma non per la famiglia italiana risparmiosa. Per anni abbiamo visto carovane di turisti in giro per via dei Fori alle tre del pomeriggio di luglio e agosto, ma certi comportamenti sono impensabili per chi può scegliere. Purtroppo i processi decisionali dell’ente pubblico sono sempre lenti, mentre servirebbe più tempismo. Un museo si rilancia non solo con la promozione, ma anche adeguando orari e costo del biglietto alla nuova situazione, spostando il personale dai turni inutili e recuperando risorse per la sera, quando magari la gente esce senza l’assillo del caldo. E all’Auditorium ora intitolato a Ennio Morricone i concerti saranno eseguiti nella cavea, sorta di teatro romano pensato da Renzo Piano accanto alle strutture chiuse. Mai pensare a un solo modello di sviluppo!

Un Sindaco di buone intenzioni

Roma Ostiense Mura Aureliane Piramide dal Museo di Porta san Paolo DSC_3342La volontà del sindaco Ignazio Marino di migliorare la vivibilità di Roma, trasformandola in una città capace di accogliere e attirare investimenti per tornare a primeggiare nel mondo, è stato ribadito con la presentazione delle linee programmatiche per il mandato amministrativo 2013-2018.

L’Amministrazione, prima di realizzare una città senza barriere sociali, dovrà intervenire sulle barriere fisiche, quelle architettoniche e di mobilità che possono migliorare la qualità della vita, come il non trovare sul proprio cammino auto parcheggiate su passaggi pedonali protetti che influenzano molto l’umore degli abitanti.

Non basta istituire all’assessorato alla Qualità della vita e allo Sport per favorire la salute, è utile intervenire sul rispetto delle regole di vita tra persone.

Su queste linee programmatiche il Sindaco potrebbe trovare dei buoni risultati nel potenziamento dei trasporti pubblici, perché non è concepibile attendere il passaggio nel centro di Roma di un bus per oltre trenta minuti o assistere esterrefatti nella desolazione che versa l’Ostiense nel tratto tra la Piramide e la Basilica di san Paolo. Occorre rivedere gli orari di transito dei mezzi pubblici sulla via Ostiense con la presenza del polo universitario di Roma Tre, con il complesso museale della Montemartini, con i servizi di Sovrintendenza annessi, con le prospettive dei Mercati Generali trasformati nella Città dei Giovani e soprattutto con il complesso archeologico e museale di san Paolo fuori le Mura con la Basilica e l’Abbazia.

Il trasporto pubblico è tra gli interessi del Sindaco, come non manca di ricordare in ogni occasione, che va oltre al risanamento del bilancio catastrofico dell’Atac, ma arrivare a garantire un regolare transito di autobus e tram, senza che la pioggia non sia un ostacolo al transito della metropolitana.

È necessario, se la cultura e il turismo sono le risorse di Roma, guardare all’accoglienza sottraendo gli abitanti e i turisti a lunghe attese sotto il sole o la pioggia su di una pavimentazione sconnessa. Una sofferenza per recarsi a visitare un museo o un monumento che non è un buon biglietto da visita.

L’inizio del Sindaco Ignazio Marino è stato di buoni propositi e di alcune concretizzazioni come l’aver tenuto, sino ad ora, le collaborazioni esterne fuori dalla direzione della Sovrintendenza e di quella del Macro, ma sono solo delle pie illusioni e a settembre, si potrà tornare alla poco apprezzabile abitudine dei consulenti esterni per adattarsi allo spirito romanesco del damose ‘na mano. Se crede che la tutela del patrimonio dovrà essere affidata ad una consulenza esterna che sia una persona capace a non sprecare preziose occasioni di promuovere progetti validi per l’utilizzo dei fondi europei per la cultura.

Alcuni avvertimenti si erano avuti con la collocazione delle persone di fiducia negli assessorati, la consultazione dei curricula dei candidati per le poltrone dei diversi incarichi deve aver subito l’influenza di un colpo di vento che deve aver scompigliato, oltre alla capigliatura del Sindaco, i buoni intenti di affidare le mansioni per competenza e non per logiche di partito, anche all’insaputa degli interessati per una giunta creativa.

Sono pochi i nomi nelle giuste caselle, molto è dato all’inventiva atta a confondere i questuanti di turno pronti a parcheggiare il loro sedere sulle poltrone delle diverse sale d’attesa.

Una buona riuscita è stato l’accorto dosaggio di presenze femminili e maschili, oltre che tra tecnici e politici.

Bisogna annoverare tra le buone intenzioni il progetto di pedonalizzare l’area tra il Colosseo e piazza Venezia, ma sarà una vera prova del fuoco con le polemiche che ha già suscitato la modifica della viabilità, per smettere di utilizzare uno dei monumenti più visitati e fotografati del Mondo come spartitraffico. Svilire il simbolo della città eterna a fondale del traffico è il sintomo di quanto poco sino ad ora la politica si è interessata di cultura e turismo.

La città e i suoi abitanti andranno incontro a un vero e proprio cambiamento della filosofia di vita, un nuovo modo di pensare la mobilità e la cultura come una risorsa per Roma.

Il Sindaco potrà fregiarsi della soddisfacente conclusione dei lavori di restauro e consolidamento del basamento della Rocca Savella (Aventino – Lungotevere), con i depositi archeologici connessi, con la speranza che l’area non sia nuovamente dimenticata, ma promossa come luogo da visitare e non come la recente sistemazione dell’area di rispetto delle Mura Aureliane nel tratto di via Guerrini – viale Giotto

Il Sindaco sembra anche interessato al recupero edilizio più che alla smodata edificazione che ha caratterizzato negli anni Roma, per questo dovrebbe riflettere attentamente sulla colata di cemento che si riverserà su Tor di Valle, una zona in precario equilibrio ambientale e urbanistico, per edificare lo Stadio della Roma. Un luogo senza sbocchi, schiacciato tra il Tevere e la via del Mare, senza alcuna possibilità di migliorare la viabilità in un’area ricca di testimonianze archeologiche e naturalistiche, quella tra Tor di Valle e Acilia, dove si è fin troppo edificato.

01 Roma Ostiense Un Futuro dietro ad un Muro Ponte delle Scienze Gasometro DSC_4470 webUna sensibilità quella del Sindaco per la vivibilità della città che verrà messa alla prova con la riorganizzazione dell’area del ponte pedonale delle Scienze (Rita Levi Montalcini) che coinvolge la zona Marconi, ma soprattutto quella dell’Ostiense. Una vera riqualificazione per una zona di Roma che custodisce sorprese e gioielli, non solo come polo universitario, ma anche come polo museale.

È il turismo culturale il vero patrimonio di Roma e il pedonalizzare i Fori potrà essere un incentivo, ma è il facilitare l’accesso ai monumenti e l’aree periferiche che permetterà una “musealizzazione” diffusa.

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Qualcosa di più:

Un Sindaco di buone intenzioni
Viae Publicae Romanae
Campidoglio: ed ora cosa succede?
Un nuovo decoro adiacente alle Mura
C’è Ponte e Ponte
Un’altra Roma non solo di propositi
Sindaco nuovo vecchi problemi
Altro cemento sull’Ostiense
Infrastrutture in cambio di cemento

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