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Le linee di Strazza

Mostre Roma Gnam Guido Strazza Segni-di-roma-gesto-e-segno-dettaglioL’antologica dedicata a Guido Strazza (Santa Fiora, Grosseto, 1922), a cura di Giuseppe Appella, ripercorre oltre mezzo secolo attraverso la sua attività: 56 dipinti, 3 sculture, 42 disegni, 31 incisioni (le cartelle Ricercare del 1973 e Orizzonti olandesi del 1974, insieme ad alcune incisioni datate 1974-2001 legate ai dipinti e ai disegni dal 1942 al 2016).

Le opere scelte, che provengono dalla collezione dell’artista e da alcune collezioni pubbliche e private, sviluppano metodologicamente la didattica del segno, ovvero l’elaborazione di ogni immagine possibile, il pensiero in dialogo con ciò che possiamo vedere e far vedere. Nel corso della sua lunga carriera, in cui – come l’artista spesso ha sottolineato – grande importanza ha avuto, come elemento originale di confronto e creatività, il “momento” didattico, Strazza ha sviluppato una forte connotazione personale, che ne rende impossibile l’inquadramento in uno qualsiasi dei tanti movimenti che hanno attraversato il dibattito artistico del dopoguerra, al quale ha partecipato con contributi a tutto campo.

Il nucleo di opere provenienti dallo studio e collezione dell’artista sarà donato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

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RICERCARE
Guido Strazza
Dal 7 febbraio al 26 marzo 2017

Gnam – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma

Orari:
martedì-domenica
dalle 8.30 alle 19.30
(ultimo ingresso ore 18.45)

Ingresso:
gratuito

tel. 06/3229 8221

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Roma: Tor di Valle, lo Stadio, l’Urbanista e il Mibac

Roma Tor di Valle stadioViviamo in un’epoca di ingenui, per lo più falsi, e di cinici, in gran parte reali, dove la deontologia in ogni campo sembra essere un optional.

Il precario giornalista del quotidiano torinese forse non ha riflettuto delle conseguenze o è stato lo strumento in mani altrui per interessi, oltre a fare un pessimo servizio all’informazione, mettendo alla berlina la “fonte”.

Sono ben lontani i tempi dove il giornalista difendeva la fonte, sino a rischiare il carcere, ma nei fatti romani di rilevante c’è la considerazione che solamente conferma  ciò che molti sospettavano da tempo: “Raggi impreparata, circondata da una banda”. Il resto è pettegolezzo, un sentito dire che non ha nulla di rilevante per il recupero e la crescita di Roma.

Tra una Sindaca Serena e una Giunta Incredula c’è una Cittadinanza Ingenua davanti ad una Situazione Bollente, ma tutto si riduce alla questione dello Stadio a Tor di Valle.

Ogni Sindaco deve confrontarsi con la cementificazione e con la lobby dei palazzinari e la nostra Sindaca è davanti alla possibilità di dover sconfessare la promessa fatta come candidata al Campidoglio del M5S : «Se divento sindaco, ritirerò la delibera per l’impianto di Tor di Valle» o di limitarsi a puntare i piedi su di una riduzione della colata di cemento, ma prima sarà necessario prevedere un radicale intervento alla viabilità, perché la via del Mare è troppo stretta per far circolare convogli di camion e betoniere per intervenire sull’area dell’ex ippodromo.

È da escludere che la Sindaca voglia approvare il mega progetto come vuole la società sportiva, ora che si è indebolita la posizione dell’Assessore-Urbanista e, prima di essere cacciato, sbatte la porta e se ne va’.

Google Maps

È angusta l’area scelta per lo stadio giallorosso, con un complesso residenziale composto anche da tre grattacieli, a Tor di Valle, stretto tra una via del Mare e il Tevere, inserendosi nel delicato equilibrio ambientale della zona, e del resto i problemi delle periferie non si risolvono con una cementificazione sulle rive del Tevere.

I vari organi d’informazione, in questa kermesse di stadio si o stadio no, sembra non dare spazio al pensiero ambientalista. Un silenzio tombale dove un lieve sibilo proviene da un comunicato diffuso da Italia Nostra e ripreso dal sito Forza Roma, dove si ricorda alla Sindaca il programma elettorale per il quale è stata eletta.

studio-daniel-libeskind-towers-rome-tor-di-valle-designboom-051Ma su tutto c’è la spada di Damocle che Margherita Eichberg, responsabile della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, aveva cominciato ad agitare già nel novembre del 2016 sulla testa dello Stadio, per non aver preso in considerazione dell’impatto ambientale del complesso la Soprintendenza «ha individuato come criticità della proposta la presenza di edifici di notevole altezza oltre che di opere infrastrutturali che vanno ad interferire con i beni monumentali e paesaggistici».

Il Mibac, per voce della Soprintendente arch. Margherita Eichberg, rincara la dose con «l’avvio di dichiarazione di interesse particolarmente importante» dell’impianto di Tor di Valle, in quanto rappresenta «un esempio rilevante di architettura contemporanea» per le «soluzione tecnico-ingegneristica e di applicazione tecnica industriale in fase di realizzazione» progettato dall’architetto spagnolo Julio Garcia Lafuente (scomparso l’11 giugno 2013).

Ma è soprattutto i costi delle infrastrutture a spese dell’Amministrazione capitolina che l’ex assessore Berdini aveva messo in evidenza, durante l’audizione alla Commissione regionale Urbanistica, da non non permettere di far ritenere lo Stadio d’interesse pubblico e non è solo la necessità di realizzare un sistema d’idrovore «che il Comune dovrà gestire dall’apertura dello stadio fino all’eternità», con una spesa di 9,6 milioni di euro, per lo smaltimento delle acque piovane, un ponte, duplicato di quello dei Congressi (Eur-Magliana) già in progetto dal 2001 (seconda Giunta Rutelli) e ora nuovamente in discussione, con svincoli per collegare la zona con la Roma-Fiumicino.

Un intervento che potrebbe facilitare la viabilità, ma che Roma, con i suoi 13,5 miliardi di deficit, non può sopportare, soprattutto per un’area che ha ben altre necessità che non sia uno Stadio.

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Un’altra Roma non solo di propositi
Sindaco nuovo vecchi problemi
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Infrastrutture in cambio di cemento

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Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza

Migrazione Orban sfida la Ue per una nuova accoglienza Viktor-OrbanL’Ungheria di Orban ci riprova, con il suo senso nazionalistico, a scoraggiare i migranti nel passare per quelle contrade. Dopo il Muro e la proposta di relegare clandestini su un’isola del nord Africa, da dove potranno fare domanda d’asilo, è ora la volta di fare un ulteriore passo in avanti per irritare l’Unione europea nella proposta di accogliere i migranti in strutture carcerarie, con la motivazione di prendere le dovute precauzioni contro l’imperante minaccia terrorista.

Questa particolare scelta di Orban, diversamente dalle precedenti iniziative, può avere degli aspetti relativamente umanitari, nell’accogliere persone che hanno affrontato pericoli ed esposti alle intemperie di un inverno che non ha scoraggiato la fuga dalle zone di conflitto, raggruppandole in strutture carcerarie dove non gli si negherà cibo e assistenza sanitaria, invece di lasciarli senza un tetto, in balia delle intemperie.

Ma Orban non si vuol limitare a reinterpretare personalmente il significato di assistere il prossimo in difficoltà: vuole avere il completo controllo, mettendo al bando ogni persona impegnata nel rispetto dei Diritti umani e le organizzazioni come Hungarian civil liberties union, Transparency international e Hungarian Helsinki commitee, legate al finanziere d’origine ungherese e di genitori ebrei George Soros, accusandolo di essere al servizio dei poteri forti e di tramare contro il governo.

Mentre in Francia, tra le montagne della valle della Roia, Cédric Herrou è un uomo dedito all’allevamento e all’agricoltura e interpreta alla lettera l’insegnamento, non solo cristiano, di dare ospitalità allo straniero, offrendo non solo un giaciglio e un pasto ai migranti di passaggio, ma aiuta i migranti a passare il confine senza dover sottoporsi alla dura burocrazia delle nazioni.

Fermare i profughi è impossibile: la via balcanica non è stata mai chiusa e la via mediterranea non ha cessato di essere utilizzata.

Nonostante i pericoli che comporta una migrazione affidata ai trafficanti di esseri, l’umanità che fugge non rinuncia alla possibilità di trovare un luogo lontano da conflitti e carestie, senza dover aspettare di essere scelti per i Corridoi umanitari.

Un mezzo quello dei Corridoi umanitari ben collaudato dalla comunità di Sant’Egidio, con la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese. Un progetto, finanziato con l’8 per mille e protocollo d’intesa firmato con il Viminale e la Farnesina, che ha portato in Italia un numero di rifugiati non lontano da quello che l’intera Unione europea è riuscita sinora a ricollocare, con tanta parsimonia, nei singoli paesi.

I vertici dell’Unione europea non si lasciano scappare occasione per stigmatizzare la necessità di non lasciare la questione dei migranti solo sulle spalle dei paesi in prima linea (Grecia, Italia, un po’ Malta e Spagna in minima parte), ma non riesce ad essere altrettanto convincenti a far rispettare la ridistribuzione migratoria come quando minacciano sanzioni ai paesi inadempiente verso le percentuali deficitarie.

Una nuova iniziativa dell’Unione europea intende schierare le navi a ridosso delle coste per dissuadere i trafficanti della migrazione a mettere le bagnarole in mare. Per questo progetto la Ue stanzia 100milioni di euro per il governo libico riconosciuto dall’Onu.

Trattare con uno dei governi che attualmente legiferano in Libia non appare una buona mossa, tanto più se accompagnata da un’elargizione di milioni di euro in stile accordo euro-turco.

La Ue ha mostrato tutta la debolezza nell’affidare alla Turchia il ruolo Migrazione Orban sfida la Ue per una nuova accoglienza muro_54131882di sentinella dei confini europei, senza permettere al Commissario europeo per le migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos, e al lettone Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, di vigilare sul rispetto dei Diritti nei luoghi di “filtro” migratorio.

È oltre modo utopistico poter scuotere le coscienze dei benestanti in pelliccia e cravattino sulle pene di un’umanità in migrazione con Fuocoammare, il lavoro pluripremiato di Gianfranco Rosi e ora candidato all’Oscar come miglior documentario, come ottimistico è affidare ad operazioni navali come Mare Nostrum e Triton o all’agenzia Frontex la sicurezza e la gestione dei confini europei.

Non ultimo è l’impegno di nel ministro degli Interni Marco Minniti nel non lasciare in mano della destra lo scettro della mano pensante verso la migrazione, organizzandosi per  aprire un centro Cie (Centri di Identificazione ed Espulsione) in ogni regione, per una specie di internamento del frutto dei “rastrellamenti” attuati nelle città per scovare chi viene trovato privo di documenti, senza utilizzare un carcere, adeguandoci all’idea di accoglienza modello Orban.
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La barca è piena

Il bastone e la carota, la questione migratoria

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Trump: Un uomo per un lavoro sporco

Trump Un uomo per il lavoro sporco e le personeDonald J. Trump si è insediato a Washington come 45° presidente degli Stati uniti, ma si è trovato costretto a mantenere alcuni funzionari del Dipartimento di Stato e della Sicurezza nazionale nominati da Obama per garantire la “continuità di governo”.

Un presidente che si insedia, con il più basso indice di gradimento degli ultimi 50 anni, su di una delle poltrone dalla quale si decidono le sorti del Mondo, ma dovrà attendere l’approvazione della commissione del Congresso sulle tutte le persone scelte da Trump per ricoprire gli incarichi di governo per iniziare a trasformare lo slogan “America First” in una realtà, imprimendo un radicale differente indirizzo nella politica estera.

Intanto il Presidente inizia a firmare i primi ordini esecutivi per “alleviare” l’onere economico della riforma sanitaria voluta da Obama che garantisce l’assistenza a 20 milioni di cittadini.

Una riforma che Trump si dovrà limitare a ridimensionare e non a smantellarla completamente, come avrà delle difficoltà a far comprare solo prodotti statunitensi fabbricati negli Stati uniti, ma probabilmente potrà contare sull’appoggio anche dei democratici per il rilancio delle infrastrutture, se per finanziare i lavori non effettuerà tagli alla spesa sociale.

È strano che un presidente come Trump possa riscuotere così tanti eccitatissimi sostenitori nella schiera di quelli che ieri erano dei ferventi anti-americani, quando il suo slogan è fare Grande l’America, attraverso il protezionismo, chiudendo le frontiere e rispolverando la politica isolazionista di Harding.

Mr. “American First” abbandona ufficialmente il TPP, l’Accordo Trump Un uomo per il lavoro sporco2 Transpacifico di libero scambio, firmato da Barack Obama lo scorso anno con altri 11 Paesi del Pacifico, esclusa la Cina, ma che il Congresso non aveva finora ratificato, e vuol rinegoziare l’accordo Nafta che coinvolge, oltre agli Stati uniti, il Canada e il Messico.

La scelta di penalizzare i prodotti provenienti dal Messico, anche aumentando i dazi, avrà anche delle conseguenze nei rapporti economici con altri stati, portando gli Usa verso un’autarchia economica laddove è internazionalmente riconosciuta la sua carenza produttiva in alcuni campi che potrebbe far retrocedere una grande nazione di qualche decennio.

Al confine messicano vuol completare il muro, ma non è sufficiente una firma, ha anche necessità di fondi. Dopo il Messico forse sarà la volta anche di blindare il confine canadese.

La migrazione è nel cuore di Trump, non si vuol limitare a blindare i confini, congelando per alcuni mesi l’ingresso negli Stati uniti di profughi e dei cittadini provenienti da sette paesi islamici (Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen), ma non dall’Arabia saudita, Pakistan e Afghanistan luoghi non certo immuni dalla presenza jihadista.

Un ordine esecutivo che sta creando confusione negli aeroporti, creando tante surreali situazioni vissute come da Tom Hanks nel film The Terminal di Steven Spielberg, intere famiglie rifiutate all’imbarco e persone bloccate all’arrivo, senza poter andare avanti o indietro. Trump doveva prendere in considerazione di firmare un ordine “meno” esecutivo per dare il tempo di organizzarsi e non trovarsi con un’umanità che può contare solo sulla pressione dei gruppi attivisti per la salvaguardia dei Diritti umani come l’UNHCR o International Rescue Committee per uscire dall’empasse nel trovarsi ad essere dei detenuti in aeroporto.

La migrazione è il fronte sul quale Trump si sta maggiormente, impegnando tanto da arrivare a minacciare tutte quelle amministrazioni locali marchiate come sanctuary cities (città santuario) di un taglio di fondi federali per lo stato sociale se non si adeguano alle direttive di Washington.

Potrebbe anche pensare alle espulsioni, iniziando con il confezionare Fethullah Gulen come un pacchetto regalo per Erdogan.

Un’altra forma di isolazionismo è l’imposizione al silenzio delle agenzie che ritiene inutili (protezione ambiente, agricoltura, etc.) interrompendo qualsiasi tipo di comunicazione pubblica sui siti istituzionali e i social. Il web è un altro fronte per rafforzare la sua presidenza, togliendo la versione in ispanico dal sito della Casa Bianca.

Così Donald Trump non subirà dei contraddittori nel ritenere una bufala che la causa del cambiamento climatico sia dovuto all’inquinamento prodotto dall’uomo e al riscaldamento globale, ma solo da una manovra della Cina per ostacolare l’industria statunitense. Che la salvaguardia dell’ambiente non sia tra le priorità del presidente è evidenziata dalla scelta di inimicarsi anche i nativi americani, sbloccando la costruzione dell’oleodotto sulle terre sacre dei Sioux in North Dakota.

Anche le critiche che Trump ha più volte esternato verso la NATO (North Atlantic Treaty Organization) è un ribadire l’isolazionismo basato su meno Alleanza atlantica per tutti e più interessi nazionali.

Trump Un uomo per il lavoro sporco1L’insofferenza di Trump per ogni organizzazione transazionale come l’Onu o che con Putin condivide anche la voglia di disgregare l’Unione europea, fomentando il caos e seminando zizzania attraverso i movimenti nazionalisti ed euroscettici, cercando di instaurare un nuovo rapporto con la Gran Bretagna di Theresa May, nell’inconsapevole strategia del dividi e domina – Divide et impera – dei condottieri dell’antica Roma.

Un presidente che in una decina di giorni è riuscito a ridisegnare l’immagine degli Stati uniti e ha ancora quattro anni per continuare a sovvertire le regole, esaltando la tortura, rintroducendo il Waterboarding, per rispondere al fuoco con il fuoco.

Il risvolto nella scelta isolazionista nel bene e nel male, è che comunque gli Stati uniti non si intrometteranno, per i prossimi anni, negli affari di altri paesi.

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Elezione di Trump | Quando l’improbabile è prevedibile

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El Greco: Un’Annunciazione mistica e astratta

Mostre AK El Greco Annunciazione ai Musei CapitoliniUna sola opera è l’oggetto della nuova mostra inaugurata il 24 gennaio ai Musei Capitolini, L’Annunciazione di El Greco, proveniente dal Museo Thyssen Bornemisza di Madrid, in un progetto di scambio che ha già portato nella capitale spagnola la celebre Buona Ventura di Caravaggio.

Una singola opera che però rivela potentemente il genio visionario e irregolare dell’artista che la produsse.

Domínikos Theotokópoulos, meglio conosciuto con il soprannome in dialetto veneziano di El Greco (Candia, 1541-Toledo, 1614), fu un pittore di origine cretese formatosi in Italia, tra Venezia e Roma, divenuto la prima grande personalità di riferimento del Siglo de Oro in Spagna.

Dopo l’iniziazione presso la locale Scuola cretese, erede della tradizione bizantina ieratica, spirituale e cromaticamente esuberante, continuò la sua formazione in Italia, dove assimilò la pennellata libera e veloce dell’ultimo Tiziano (di cui fu forse “discepolo”), la tensione drammatica della pittura di Tintoretto e, in generale, si appropriò della locale cultura manierista, mostrando probabili influenze dalle figure allungate ed estremamente eleganti di Parmigianino.

A Roma si distinse, oltre che per il talento, anche per il suo carattere deciso e indisponente che gli procurò non pochi fastidi, come la cacciata da Palazzo Farnese per una lite con il cardinale Alessandro. Desta il sorriso la sua stroncatura di Michelangelo che, a suo avviso, «era un brav’uomo, ma non sapeva dipingere»; propose al papa Pio V il rifacimento del Giudizio Universale secondo modi più consoni alla dottrina cattolica ma, a dir la verità, non fu il solo a non capire la grandezza di quell’umanità derelitta, che pure il fidato Daniele da Volterra aveva provveduto ad “imbraghettare” per celarne le nudità più scandalose… Tuttavia il suo stile visionario e inconfondibile può dirsi maturato soltanto dopo l’arrivo a Toledo, nel 1577, a contatto con la fervida spiritualità della Chiesa cattolica spagnola del periodo della Controriforma.

Molto bene lo storico dell’arte Harold Wethey spiega che «anche se era greco di origine e italiano come preparazione artistica, l’artista si immerse così a fondo nell’ambiente profondamente religioso spagnolo da diventare l’artista visuale più rappresentativo del misticismo spagnolo».

Dominikos non aveva intenzione di passare il resto della sua vita a Toledo, ma ambiva ad una posizione ben più in vista come pittore di corte di Filippo II, sovrano molto esigente nella scelta dei maestri per decorare la nuova residenza dell’Escorial. Purtroppo due tele del nostro artista non piacquero al re ma il fallimento del progetto in grande fu consolato da un successo sicuro con le altre commissioni, che gli permisero un tenore di vita sempre molto alto e appagante.

La commissione in assoluto più pagata fu quella per il retablo destinato all’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid, composto da sei grandi tele alte più di tre metri e racchiuse in una complessa cornice lignea che comprendeva anche delle sculture.

La gigantesca pala d’altare fu realizzata da El Greco tra il 1594 e il 1600 e la nostra piccola Annunciazione era proprio il modello finale da presentare ai committenti per la relativa tela posta in opera , oggi al Museo del Prado. Essa costituiva la scena centrale del retablo che fu poi smembrato all’inizio dell’Ottocento con grande dispersione dei suoi pezzi. Il quadro è diviso in due registri, in basso la scena dell’Annunciazione dell’Angelo ad una Madonna turbata, in alto il concerto di angeli musicanti sulle nubi sorrette da vortici di cherubini. In mezzo il volo dello Spirito Santo che discende sulla Vergine e, squartando l’oscurità con il suo bagliore accecante, sembra planare anche sull’osservatore.

La composizione è tutta impostata verticalmente, seguendo l’innaturale allungamento delle figure totalmente prive di consistenza materiale, definite solo da una linea tormentata e dai contrasti di luce e ombra che rendono cangianti i colori acidi delle vesti. Sono sospese in una dimensione completamente astratta e trascendentale, intrisa di un misticismo religioso molto pungente. Infatti, l’uso di una luce sovrannaturale provoca bagliori improvvisi che rendono il freddo impasto cromatico instabile e vibrante, conferendo alla scena tutta la spettacolarità e l’indefinitezza di una visione religiosa. Siamo alle sorgenti della pittura astratta, molti secoli prima delle composizioni di Kandinskij. Caratteristica saliente di El Greco è la velocità di esecuzione, evidente in alcuni punti delle vesti dove egli con scioltezza stende il colore puro alla prima, alla veneziana. Attraverso una fusione ben calcolata tra personaggi e sfondo, El Greco precorre l’horror vacui che caratterizzerà prima i lavori di Cézanne e a seguire i quadri cubisti di Picasso e Braque e che affonda le sue radici nei mosaici bizantini.

L’analogia tra il roveto ardente di Mosé, che si infiamma senza consumarsi materialmente, e la Verginità di Maria stabilita dal teologo agostiniano Alonso de Orozco, ci aiuta a spiegare la presenza di quell’insolito simbolo nel contesto di un ‘Annunciazione. Tuttavia la prima traccia di questo uso la rintracciamo in una pala di Tiziano per la Chiesa di San Salvador a Venezia, a dimostrazione del bagaglio italiano che l’artista portò sempre e orgogliosamente con sé. Una lettura attenta dei diversi elementi iconografici ci conduce alla sorprendente scoperta: il soggetto vero del quadro non è l’Annunciazione bensì l’Incarnazione di Cristo sulla Terra, quel momento in cui l’Arcangelo Gabriele pronuncerà la frase «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio». In questo modo si spiega la presenza del roveto ardente e degli angeli musicanti, tipici delle scene di natività.

Il curatore della mostra, il dott. Sergio Guarino, sottolinea come negli stessi mesi della nascita a Roma del moderno classicismo di Annibale Carracci e del Naturalismo di Caravaggio, sancito dalla prima commissione pubblica per San Luigi dei Francesi, lo stile visionario ed espressionista di El Greco rappresentasse una terza alternativa completamente diversa. Dopo un lungo oblio subito dalla letteratura artistica, finalmente il Romanticismo riscopre questa originalissima figura di artista, celebrato come l’eroe romantico ideale, il «talentuoso», l’«incompreso», il «folle».

La strada era spianata per arrivare dritto all’ammirazione delle avanguardie del Novecento, dagli espressionisti, ai cubisti, a Chagall fino a Scipione della Scuola di via Cavour e Francis Bacon, che ne daranno una lettura estrema in chiave allucinatoria.

Mentre Picasso stava lavorando a Les Demoiselles d’Avignon, fece visita all’amico Ignacio Zuloaga nel suo atelier di Parigi e studiò l’Apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse di El Greco (che era di proprietà di Zuloaga dal 1897). Picasso dirà che Les Demoiselles non sarebbero esistite senza il confronto con El Greco. Secondo Efi Foundoulaki, «pittori e teorici fin dall’inizio del XX secolo ‘scoprirono’ un nuovo El Greco ma, nel mentre, scoprirono anche se stessi».

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L’Annunciazione di El Greco
Dal 24 gennaio al 17 aprile 2017

Roma
Musei Capitolini
Piano terra – Palazzo dei Conservatori

Orario
tutti i giorni 9.30-19.30

Ingresso:
la biglietteria chiude un’ora prima

gratuito per i residenti a Roma e nell’area della Città Metropolitana nella prima domenica di ogni mese

biglietto integrato mostre e Musei Capitolini
intero € 15,00
ridotto € 13,00 per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
intero € 13,00
ridotto € 11,00

Informazioni:
tel. 060608
utti i giorni dalle 9.00 alle 21.00

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